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La politica del “whatever it takes” applicata al campo sbagliato

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Gli ospedali sono al collasso, il tracciamento è saltato, la situazione epidemiologica è drammatica, i ricoveri crescono ogni giorno.
Malgrado l'emergenza (del brevissimo periodo) la parola d'ordine è categorica: la linea non cambia, costi quel che costi! (la politica del whatever it takes applicata al campo sbagliato).
Gli appelli di ricercatori, medici, infermieri (e tanti amministratori locali) rimbalzano contro un portone fatto di posizioni ideologiche irremovibili.
Si possono trasformare i nomi, chiamarla endemia e non pandemia, possiamo dire che sia meno pericolosa, ma una percentuale resta sempre il rapporto tra due numeri. Se i contagiati superano le centinaia di migliaia le ospedalizzazioni raggiungono numeri importanti.
Nessuno sollecita altre chiusure generalizzate, eppure una preparazione più efficiente era necessaria. L'idea di tenere le scuole aperte in sicurezza è condivisibile, ma se non si è fatto nulla nel campo dei trasporti resta una dichiarazione d’intenti.
Così le chiusure arrivano per forza maggiore, indotte direttamente da infezioni (e quarantene): con buona pace del "prevenire è meglio che curare".
Quando un autobus viene cancellato non è un grosso problema ma se un pronto soccorso non ha abbastanza personale sanitario la questione diventa seria.
Del resto a loro si chiede “solo” di lavorare, a testa bassa, in silenzio. Li si mette di fronte al fatto compiuto, per poi esigere il loro contributo a risolvere situazioni generate dall’imprudenza.
I medici di base stanno vivendo settimane ingestibili a causa di un carico di lavoro che include una buona dose di burocrazia. Ma risolvere i loro problemi al momento non è in agenda.
Senza considerare che, pandemico o endemico, il virus sta causando gravi ritardi ai servizi ordinari degli ospedali.
I novax parlano di dittatura sanitaria. Il loro modo di vedere le cose funziona come una lente girata al contrario: la realtà é completamente diversa.
Il personale sanitario non detta l’agenda, ma subisce decisioni calate dall’alto ed è costretto ad adeguarsi.
Nel 2020 erano chiamati eroi. Angeli. Oggi invece sono diventati strumenti dai quali si esige di lavorare in silenzio dietro le quinte di una finta normalità.
Si consumano reportage su depressioni e ansie causate dal Covid nella popolazione, viene però da chiedersi cosa possono aver vissuto i giovani medici che da anni sono impegnati ad affrontare situazioni inimmaginabili.
Il quadro è molto complesso. Se i vaccini porteranno benefici sul lungo termine, nel breve periodo non si può chiedere a medici e infermieri di occuparsi senza sostegni dell’emergenza.
(Matteo Manfredini)

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  1. Non è particolarmente utile stigmatizzare l’effetto senza individuare la causa. Dal 2011 in particolare, con l’avvento del governo Monti, la sanità italiana è stata sistematicamente soggetta a tagli, nell’ambito della politica di tagli alla spesa pubblica, in conseguenza alle scelte politiche che abbiamo chiamato ‘austerità’. Ricordo che la politica dell’austerità è iniziata per ottemperare alla famosa ‘lettera’ della BCE e sottoscritta da Mario Draghi, che chiedeva tagli e ridimensionamenti. Sono stati tagliati i posti letto in terapia intensiva, come pure i posti nei percorsi di specializzazione per i laureati in medicina. Mi meraviglio, inoltre, che parlando di ‘dittatura sanitaria’, l’articolo voglia far intendere che i cosiddetti no vax identifichino il personale sanitario semplicemente come una sorta di nemico da abbattere; sappiamo che è la prima vittima di queste scelte politiche e si trova a dover lavorare in condizioni precarie per il sottodimensionamento cronico dei servizi sanitari. Il termine ‘dittatura sanitaria’ ha ben altre e più profonde implicazioni.

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