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La storia di Reimahg Kahla

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A Kahla sono stati deportati, nel corso del rastrellamento dell’8 ottobre 1944, diversi castelnovesi. Là sono stati costretti a lavorare nel Reimahg, un insieme di aziende per la costruzione del Me 262, l’arma di punta della Luftwaffe negli ultimi anni della guerra. Le condizioni di vita del campo erano disumane. La mortalità fu più alta che in diversi campi di sterminio. Inello Bezzi, Roberto Carlini, Anselmo Guidi, Renato Guidi, Pierino Ruffini, Francesco Toschi, Ermete Marzio Zuccolini non sono mai tornati indietro. Sorte condivisa da almeno altri 40 cittadini della montagna.

Il nome Reimahg derivava dalle iniziali di Reich Marschall Herman Goering e contrassegnava le fabbriche di sua proprietà, destinate alla produzione di armi per l’aviazione. A questo triste nome è legato lo sfruttamento dei condannati ai lavori forzati stranieri nell’economia bellica nazista. Ancora oggi si trovano sotto la collina di Walpersberg e a Leubengurd, presso Kahla, le rovine della fabbrica sotterranea: circa 32 chilometri di gallerie.

Il quartier generale nazista, dal 1943, cominciò ad esigere imponenti prestazioni dall’industria degli armamenti. Nella primavera del 1944, gli alleati moltiplicarono i bombardamenti alle industrie belliche e contemporaneamente aumentarono le perdite di aerei tedeschi. I nazisti allora incrementarono la produzione di aerei con tutti i mezzi. Si tentò di sottrarre l’industria bellica agli attacchi alleati, mediante queste fabbriche sotterranee. Nel Walpersberg, vicino alla cittadina di Kahla, si trovavano miniere adatte per ospitare la produzione. Da queste, fin dal 1800, veniva estratta la sabbia quarzifera, adatta a produrre porcellana, ancora oggi un prodotto tipico di grande qualità del territorio di Kahla. I nuovi lavori vennero finanziati dalla Banca nazionale di Weimar. Ben 95 furono le aziende impegnate, che ottennero enormi guadagni risparmiando sul salario della manodopera tedesca, così come era consentito dalle leggi di Hitler. I lavori più pesanti furono eseguiti dai deportati civili e militari, che dal 1944 furono adibiti ai lavori forzati. Nel Reimahg furono impiegate dall’aprile 1944 all’11 aprile del 1945, circa 15.000 persone: uomini, donne, ragazzi provenienti da diverse nazioni europee occupate. Le fabbriche di Kahla divennero le uniche produttrici del caccia a reazione Me 262. Gli alleati ne conoscevano probabilmente l’esistenza, scoperta attraverso foto aeree, ma non risulta che ne abbiano ordinato il bombardamento. Nell’estate del 1944 fu costruito un lager con baracche per i deportati: vicino al Walpersberg uno per italiani, e un altro per lavoratori forzati russi. Erano costretti a vivere in condizioni igieniche pessime. I lavoratori dovevano recarsi alle officine alle 6, per turni di lavoro di 12 ore. Il numero più alto di prigionieri e vittime fu proprio di italiani, sottoposti dal 1944 a un trattamento particolarmente duro per punire il “tradimento” dell’8 settembre ‘43. In vista del prossimo arrivo degli Alleati, i nazisti avevano predisposto un piano per decimare gli operai stranieri e non lasciare testimoni. Gli operai dovevano essere portati nei cunicoli, imprigionati, l’entrata dei cunicoli fatta saltare. Questo sterminio fu risparmiato dal comandante del battaglione Georg Potzier che non eseguì il comando perché ormai si rese conto che la guerra era perduta.

Per molti anni è stato estremamente difficile recuperare notizie precise sul campo di lavoro e sul destino di chi vi fu deportato: dopo la fine della guerra Kahla era nel territorio della Repubblica Democratica Tedesca, la Germania Est, oltre la cortina di ferro. Ma c’è stato chi, in Appennino, si è sempre impegnato per riuscire a recuperare informazioni. In primis i parenti di chi da Kahla non aveva fatto ritorno, ma anche Guglielmo “Memo” Zanni, ex deportato, che non si è limitato a portare la sua testimonianza ma ha sempre collaborato e spinto per la raccolta di notizie. Insieme al dottor Giovanni Puglisi che mise a disposizione l’auto e guidò per l’intero tragitto, e a Claudio Zuccolini, fu tra i primi a recarsi Kahla dopo la caduta del muro, per deporre la lapide al cimitero. Zanni sapeva il tedesco, e in loco vennero aiutati ed ospitati dal Pastore di Kahla. Proprio a seguito della caduta del muro di Berlino è stato possibile raccogliere maggiori dettagli, sono iniziate le commemorazioni per i caduti con l’arrivo di delegazioni da tutta Europa. La partecipazione dei familiari dei caduti castelnovesi accompagnati da amministratori del Comune, ha dato il via a percorsi di studio e scambio con le scuole.