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Sologno, il noce dei ricordi

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Ho perso la cavallina
Tintina tintella
Ho perso la cavallina
Tintina cavalier
Dove l’hai persa
Tintina tintella
Dove l’hai persa
Tintina cavalier…..

La bella lavanderina
Che lava i fazzoletti
Per i poveretti
Della città…………..

Ambaraba cici coco
Tre civette sul comò
Che facevano l’amore…..


Girotondi, filastrocche, conte: queste cose ho ricordato quando, con un dispiacere sordo, ho visto tagliare l’albero di noce che si trovava nel cortile dell’ostello La Scuola.

Intorno a questa meravigliosa pianta abbiamo passato tante ore giocose durante l’intervallo che mi sembrava che allora durasse di più, anche se passava in un baleno.

Tiravamo fuori la merenda dai nostri piccoli cestini (niente merendine preconfezionate, niente succhi di frutta): a volte era un panino, a volte un pezzo di torta, più raramente un pezzo di focaccia presa al forno. E poi c’erano i fruttini – piccole marmellate fatte a triangolo o quadrato, o i formaggini, che mangiavamo con il pane.

C’è stato un periodo in cui la merenda del mattino veniva somministrata dalle mamme stesse, a turno, nel refettorio sotto la scuola: si trattava quasi sempre di una tazza di latte (quello in polvere con aggiunta di acqua) con il pane. E dopo la merenda si cominciava il gioco, il momento più atteso. C’era il gioco della bandiera, le corse a rincorrersi, il nascondino, la palla.

Ma il centro del mondo era l’albero di noce. Intorno all’albero si facevano dei meravigliosi girotondi che le maestre allietavano con meravigliose filastrocche e che condividevano allegramente con noi piccoli.

Quella che io ricordo con particolare intensità è “Ho perso la cavallina”, perché era quella che coinvolgeva tutti i bambini a turno nella scelta e che faceva sentire in qualche modo ognuno di noi protagonista.

Un ricordo pieno di riconoscenza e di affetto va a queste instancabili maestre che hanno inculcato in me profondamente l’amore per la grammatica, la storia, la geografia, l’educazione civica: quando uscivi dalle elementari non avevi bisogno di ulteriori approfondimenti perché avevi già delle basi solidissime per proseguire gli studi.

Grazie Iginia, che mi chiama ancora “la sua bambina” e grazie Giulia, che te ne sei andata ma sarai sempre nel mio cuore. E grazie a Clelia, anche lei partita per il viaggio senza ritorno e che ha insegnato in prima elementare nelle scuole di legno.

Era un mondo ancora un po’ chiuso, semplice, ma pieno di poesia, dove tutti si conoscevano e sapevano la tua storia. A volte un po’ pettegolo, ma sempre solidale. Si aveva bisogno di poco per vivere bene perché c’era tanta compagnia e questo bastava.

Vedere ora i nostri borghi così spopolati è un dispiacere grande e mi rammarico che niente sia stato fatto per contrastare questa piaga ormai, credo, incurabile.

L’albero di noce: non conosco le motivazioni tecniche che hanno orientato la scelta di tagliare questa pianta:
sicuramente non credo all’imponderabilità di questa decisione drastica. Qualcosa forse si poteva fare. Non so. Lascio
agli esperti il giudizio finale sulla questione. Ma se lascio parlare il mio cuore sento uccellini che cantano, belle noci che in autunno cadevano per terra e che tutti raccoglievano a frotte, grida di bambini felici che giocavano intorno al suo bel tronco dritto. Questo sento. Forse la parola giusta è nostalgia.

di Anna Giorgini "La Piazza"

1 COMMENT

  1. Nostalgia certo ma vi è altro dietro al taglio, per me sbagliato, del noce presso l’ex scuola di Sologno.
    Mi ricordo che da piccolo quando frequentavo la scuola di Sologno si faceva la giornata dell’albero in cui si mettevano a dimora delle piante, ora le tagliano.
    Personalmente ho vissuto tale taglio come un togliere al nostro paese la sua storia e la sua memoria.
    Ma la cosa grave è come ciò è avvenuto e come questo e altro è vissuto nel paese.
    Elenco alcune considerazioni:
    1) la noce è stata eliminata senza parlarne in apposito incontro con la popolazione. Se ciò fosse avvenuto in qualsiasi comune della media e bassa pianura la gente si sarebbe legata alla pianta e avrebbe protestato e sui social se ne sarebbe dibattuto a lungo. Personalmente ho mandato un messaggio, a fatto avvenuto, a chi pianta e innaffia piante a Reggio e dintorni mettendo i video sui social per dirgli il mio disappunto. Sono ancora in attesa di risposta.
    2) La motivazione che era “l’unico posto possibile per la gru” non regge e non mi convincono gli “esperti”. Lavoro nel settore da ormai 50 anni, possediamo 4 gru di cantiere e vi assicuro che una soluzione alternativa, se necessario, la si trova sempre.
    Ma vi sono altre cose che mi preoccupano:
    1) In questo paese si richiama che scarica a bordo strada un fascio d’erba tagliato nel proprio giardino (neanche mezza carretta) e poi non si guarda una discarica che continua a essere alimentata nella strada che va a Poiano.
    2) In questo paese si consente, non sanzionandoli, a chi fa lavori edili di scaricare rottami lungo le strade di campagna, senza rimuovere almeno le plastiche e i ferri.
    3) In questo paese si taglia l’erba, la si ammucchia e la si lascia marcire per giorni con conseguenti odori e se qualcuno protesta si arrabbiano pure.
    Ma la cosa più grave è che sembra, ma ovviamente mi sbaglio, sia consentito a pochi di fare quello che vogliono.
    Ecco perché parlare di nostalgia lo ritengo riduttivo. Forse è ora di parlare di cosa significa vivere in società, dei diritti e dei doveri e del rispetto del posto in cui viviamo, ma soprattutto del necessario rispetto reciproco al di là delle scelte e opinioni diverse.
    Ferrari Piero

    ferrari piero

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