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Vorrei rivivere l’11 luglio del 1982

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Chi non conosce l’11 luglio del 1982 non conosce la felicità. Un po’ come avvenne, pochi giorni prima, con la vittoria dell’Italia del pallone, per 3 a 2, sul Brasile. Chi c’era, eppure, si ricorda perfettamente dove fosse quella sera e la gioia che ne conseguì. La sera dell’11 luglio 1982, l’Italia vinse il suo terzo mondiale, allo stadio Santiago Bernabeu, in Spagna (quindi ribattezzato Mundial), vincendo 3 a 1 sulla Germania dell’Ovest (c’era ancora il muro di Berlino…): Rossi, Tardelli, Altobelli. Il marcatore tedesco non lo ho mai memorizzato.

Io, bimbetto in visita a Lourdes coi genitori, quella sera, me ne andai a letto seguendo il consiglio di mamma “oggi ha visto le grotte di Betharram, è stanco” – ho provato solo un po’ di rammarico crescendo ndr -. Ma quasi quasi, ancora, ricordo la tentazione di disobbedire, di andare con papà in un ristorante francese a vedere la finale del Mundial.

Eppure ricordo tutto quello che ne conseguì con un incredibile desiderio di esprimere la propria italianità, soprattutto quando, un viaggio all’estero, aveva un che di incognita senza cellulari (né aria condizionata sul bus!). Il seguente fu l’unico anno che quasi riuscii a completare l’album delle figurine Panini.

Con quelli che, nel nostro immaginario erano eroi, il 1982, divenne un anno di riferimento. Che emozione, ancora oggi, riguardare quella partita a Scopone sull’aereo di ritorno – con volo di Stato - tra Zoff, Causio, l’allenatore Bearzot e il Presidente della Repubblica. Allora vorrei rivivere il 1982 per riavere la gioia che noi piccoli studenti percepivamo ascoltano proprio lui, Sandro Pertini. All’epoca pareva un simpatico vecchietto, particolarmente umano a differenza della classe politica media. Solo dopo ne scoprii lo spessore che attingeva a piene mani nella sua attività nella lotta di Liberazione.

Quell’anno, l’’82, è diventato così uno spartiacque di cui ricordare profumi ed entusiasmo. Il motivo più nostalgico, certo, per il quale lo vorrei rivivere sarebbe quello di rincontrare le tante persone care che ho visto scomparire nei successivi decenni. I miei quattro nonni, in primis, tanti amici e parenti, il sorriso malinconico di Gaetano Scirea. Ma vorrei rivivere l’’82 anche per riprovare la brezza che, quell’anno, diede il Torneo della Montagna con un sottofondo musicale di quel terribile brano “Il ballo del qua qua”, o il più entusiasmante “Cucurrucucú Paloma” di Battiato.

Vorrei rivivere l’’82 per dire ai giovani d’allora che lo stragismo rosso, che come una cappa era calato sull’Italia, avrebbe avuto una fine che fortunatamente ho vissuto. Poi quel nome, Tommaso Buscetta, pentito di mafia, che stava a significare, finalmente, che il muro dell’omertà di un altro “fenomeno umano”, la mafia, poteva essere rotto.

Di sicuro non mi farei scappare l’’82 per la trebbiatrice semovente piazzata nelle aie a Rodogno. Una macchina meravigliosa, fatta di legno, ferro e zero plastica. Alimentata da cinghie e pulegge, polverosa e vitale. Il suo funzionamento, per smaltire le pile di covoni, era una festa di paese, credo l’ultima in quell’anno, cui oggi andrebbero educate le nuove generazioni, all’insegna del lavoro comune per ottenere un “oro” semplice, chiamato grano da cui derivava la festa più bella, quella del Gnocco.

Vorrei rivivere l’’82 per dire ai coetanei di Argentina e Inghilterra che la guerra per le isole Falklans-Malvinas non aveva alcun senso, come tutte le guerre di chi invade. Ne approfitterei, in quell’anno, per comprare il famoso Commodore 64, il primo vero home computer con ben 64 KB di Ram, ma che non ci potevamo permettere. In compenso, la Fiat 126 sembrava spaziosa e, mai e poi mai, avrei venduto la Fiat 124 di papà.

Ora che ci ripenso mi stupisce, in quell’anno, essere stato testimone della scomparsa di Grace Kelly che, di ritorno dalla Francia, poche settimane prima del suo tragico incidente provammo a cercare con gli sguardi nel Principato di Monaco.

Ho un’età di tutto rispetto, ma vorrei rivivere quell'anno e quell’estate Mundial.

3 COMMENTS

  1. A me sembra che le emozioni vissute da ciascuno di noi nel corso della propria vita siano difficilmente condivisibili – con riferimento alla loro parte più intima o interiore – causa l’entrata in gioco di dettagli e specificità individuali, in una con le nostre personali sensibilità e soggettività, o i rispettivi temperamenti, senza contare i fattori legati ai singoli frangenti, ma vi sono nondimeno circostanze e momenti che possono accomunarci, vedi l’entusiasmo con cui i ragazzi di un tempo, anche di giovane età, prendevano parte alla “battitura” del grano nelle aie.

    Vi partecipavano da “forze gregarie”, per lavoretti complementari, ma si provava in ogni caso l’orgoglio di contribuire ad un lavoro vero, che agli adulti richiedeva bravura e fatica, avvertendo altresì l’importanza e il fascino di “quell’oro semplice”, e tutto ciò, nei miei ricordi, rappresentava per più d’uno il primo passo verso la “responsabilizzazione”. Oggi le macchine mietitrebbia fanno da sé, ma penso che le odierne regole sul lavoro non permetterebbero comunque di ripetere quelle “esperienze” di allora (da me rammentante come coinvolgenti e formative).

    P.B. 11.07.2022

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