Home Cultura Dall’Appennino a Sanremo, il rock di Mirko Colombari non ha confini

Dall’Appennino a Sanremo, il rock di Mirko Colombari non ha confini

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Cinque album alle spalle, finalista al premio Pierangelo Bertoli e al premio Augusto Daolio, giudice e ospite a Sanremo rock dove tornerà in veste di concorrente il prossimo 5 settembre, il talento di Mirko Colombari non conosce battute d'arresto.

Nato a Castelnovo ne' Monti Mirko ha iniziato a suonare la chitarra da bambino per poi continuare lo studio della musica all'istituto Peri-Merulo e da lì non si è più fermato facendo della musica non il suo mestiere ma il suo megafono con cui racconta il mondo.

Da ospite a concorrente come lo vivi questo Sanremo rock?

Il rock è il genere musicale in cui mi identifico di più sebbene sia partito con la musica classica e mi piacciano molto anche altri generi ma in generale il rock, forse per l'importanza del contenuto che attraverso il rock si tramanda, è il genere che più mi caratterizza. Quando sono arrivato a scrivere “Citizens of war”, il brano con cui partecipo, automaticamente ho pensato di iscrivermi e diventare concorrente.  Non ci avevo mai pensato prima perché comunque comincio a essere un pochino chilometrato, pensavo che il mondo dei concorsi e di queste gare fosse finito però quando è arrivata “Citizens of war" volevo darle un vestito interessante, una visibilità per tutto quello che concerne il pezzo e ho pensato subito a Saremo rock e quindi la vivo così, come un'opportunità di lanciare un messaggio attraverso il brano.

“Citizens of the war”, cittadini della guerra, è una fotografia di quello che ci circonda qual è il messaggio che vuoi lanciare?

Il messaggio che lancio è semplicemente che la guerra non risolve niente, è stato dimostrato con l’Afghanistan, lo Yemen, la Siria, tutt’ora in Ucraina, che attraverso le bombe e i missili non si risolve niente, si distruggono dei paesi ma non si migliora. Guardiamo adesso cosa c'è in Afghanistan, dopo vent'anni di guerra non c'è niente, non c'è una democrazia né uno che ha vinto e l'altro che ha perso, hanno perso tutti. Attraverso la guerra non si risolve niente quindi io dico in questo brano che ci sono tantissimi modi per godersi la vita, perché dobbiamo spararci addosso? Perché non proviamo a trovare una maniera sana per dibattere? Può anche essere che una volta vinco e una volta perdo ma attraverso la guerra di sicuro si perde sempre.

Sappiamo quanto possa essere potente la musica, cosa può fare una canzone?

La musica unisce le persone, la musica manda un messaggio e le persone lo ascoltano anche inconsapevolmente. Se io scrivo una cosa sul giornale chi lo vuole leggere lo legge mentre chi non lo vuole leggere non lo farà, attraverso una canzone questi messaggi inconsciamente o consciamente li riceve. Se qualcuno ascolta solo il motivetto poi magari si chiede cosa sta cantando.

Si percepisce molto la responsabilità che senti.

Io ho cominciato a strimpellare la chitarra 40 anni fa circa e se continui dopo tutto questo tempo vuol dire che hai l’intenzione di mandare un messaggio soprattutto se, come me, fai un percorso artistico puro. Nel mio caso l’interesse economico è ridicolo, è talmente minimo che potrei smettere domani, se non ho ancora smesso è perché ho delle cose da dire e ci sono delle cose che voglio tramandare, una responsabilità che mi sento addosso. Penso che l’artista sia un prisma e come un prisma a cui arriva la luce e butta fuori dei colori la realtà ti passa attraverso e poi tu la butti fuori attraverso la tua interpretazione. Non ho mai considerato la musica come un mestiere, non è un timbrare un cartellino, non ho mai scritto per essere a servizio di qualcuno.

E se dovessi vincere Sanremo rock?

Non cambierebbe niente, la mia musica continuerebbe ad essere libera e continuerei a fare rock cantautorale.

Avremo modo di ascoltarti live?

Sì, mi sto concentrando sul portare la musica dal vivo. Adesso farò una data in Olanda e poi vedremo in Italia, probabilmente qualcosa in ottobre per presentare il risultato di Sanremo rock.

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