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Villa Minozzo dà l’ultimo saluto a Armando Lanzi

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Ieri, mercoledì 30 novembre, dopo essere stato ricoverato alcuni giorni all’ospedale di Reggio, si è spento Armando Lanzi, di 87 anni, storico sarto di Villa Minozzo. Nato a Villa il 25 gennaio 1935, sposato con Adriana Rivieri, originaria di Neviano degli Arduini (Parma), e padre di due figli, Loredana e Riccardo, scomparso prematuramente da giovane anni fa, Armando era sarto sia per sua passione ma anche per tradizione di famiglia.

In un’intervista rilasciata a Tuttomontagna nel 2012 aveva raccontato che facevano questo mestiere già suo padre, Fioravante Arnaldo, e prima di sui anche suo nonno, invece la madre, Cornelia Guidetti, era casalinga. “Eravamo otto fratelli - aveva precisato -, quasi tutti sarti: Piero, mia sorella Diva, che faceva la sarta a casa, Nina, a Reggio, Maria, a Milano, Marta, che lavorava in una confezione da donna, “La Rosière”, dove i primi tempi ho fatto anch’io il tagliatore, e Piera, che però aveva smesso presto. Solo uno di noi, Nino, era un musicista, aveva studiato per sei anni al conservatorio di Milano”.

Dopo le scuole commerciali frequentate in paese da don Savino, Armando si era messo subito a lavorare. Il mestiere di sarto lo aveva appreso dal padre. Sapeva fare dal cartamodello al taglio al cucito, e realizzava di tutto: cappotti, tailleur, vestiti da sposa, ecc. Dal padre aveva appreso anche un modo di creare i vestiti particolare che aveva imparato a Torino, il ‘taglio dello snob’.

“Fare il sarto in montagna dava molta soddisfazione - aveva raccontato -. L’unica ‘difficoltà’ riguardava il pagamento. I pastori pagavano subito, i contadini, invece, saldavano alla fine dell’anno, quando prendevano i soldi dalla vendita del latte. Comunque era tutta gente onesta, che non lasciava debiti a lungo termine. Non sono mai ‘andato sotto’. C’era anche gente ricca che si serviva da me, come alcuni medici della zona. Da Sologno, per la Sagra della Cintura, la prima domenica di settembre, venivano tutti a farsi fare il ‘vestito della festa’, anche i più poveri”.

All’inizio c’era molto lavoro e l’intenzione di Lanzi era di rimanere in montagna. Nella sua bottega aveva due apprendiste, Luisa, del Mulino Bruciato, e Giovanna, della Governara, più qualche “pantalonaia che lavorava fuori”, frequentavano la sua bottega anche Pierina e Teresita, che “volevano imparare il mestiere, pagavano qualcosa e magari mangiavano qua”.

Però poi sempre più gente aveva iniziato ad emigrare. “Iniziò un esodo spaventoso - aveva proseguito -, anche io e mia moglie (ci eravamo sposati alla Pietra di Bismantova) decidemmo di fare le valige. Quello che ci ha ‘mandato in crisi’, oltre alla forte emigrazione, è stato l’affermarsi delle confezioni industriali, intorno al ’65. Prima la gente provava gli abiti, si prendevano le misure e si apportavano le modifiche. Con l’avvento delle confezioni si trovavano le misure già pronte e non si doveva tornare per la prova, così si preferiva non ‘tribolare’”.

Marito e moglie si trasferirono ad Albiate Brianza (Milano), dove iniziarono a lavorare a servizio per la famiglia Caprotti (proprietari Esselunga), lui come custode e lei come governante. Poi andarono a Milano, dove Armando trovò un posto alla reception dello stilista Giorgio Armani. Qui lavorarono prima come portinai, poi come ‘tuttofare’ e infine come collaboratori. “Sono stato là 14 anni - aveva precisato -, spesso svolgevo lavori manuali per Armani e anche per una grande pellicceria che si trovava lì vicino. Una volta venne la squadra del Real Madrid, tutti avevano qualcosa da aggiustare. Ho visto passare un sacco di personalità. Arrivavano tutti da lui: John Travolta, Sue Ellen, Gaspare e Zuzzurro (che poi ho invitato anche a Villa Minozzo), Loredana Berté, Monica Vitti…Nello stesso palazzo di Armani, di proprietà dei Caproni, noti costruttori di aerei, c’era anche un importante gioielliere, Pederzani. Ho conosciuto anche Valentino”.

Armando si era ambientato subito a Milano e ci stava molto bene perché “offriva un po’ di tutto: il divertimento, tanta gente, il via vai”, ma ogni 15 giorni sentiva “il desiderio di tornare in Appennino”. A Milano era stato tra i fondatori del circolo “Bellezza”, punto di riferimento, negli anni ’60, per gli emiliani e romagnoli emigrati là.

Lanzi era anche appassionato di calcio, giocava nella squadra del Villa, con cui aveva vinto due campionati e anche il Torneo della Montagna, e allenava i ragazzi del paese. Da pensionato aveva fatto ritorno a Villa, dove lo avevano soprannominato “sentiero”, perché amava fare il giro dei vari punti di ritrovo del paese.

Lascia la moglie Adriana, la figlia Loredana, il nipote Ricky e i parenti.

Il funerale avrà luogo sabato 3 dicembre, alle 14, partendo dalla Casa funeraria Croce verde di Reggio per la chiesa di Villa Minozzo, dove si celebrerà la messa, indi si proseguirà per l’ara crematoria del cimitero nuovo di Coviolo. Ai fiori si preferiscono offerte alla Croce verde di Villa.