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La melodia del bosco, racconto di Alberto Bottazzi

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C'era una volta, nel bosco non lontano dal paese di Vaglie, una capanna ricoperta di frasche, con pareti di rami verdi intrecciati e per uscio una tavola, con un bastone legato di traverso col fil di ferro: era la capanna della Barbotta! I raggi del sole filtravano tra le foglie, gli uccellini cinguettavano in volo e in lontananza si udiva il rumore del ruscello.

Il sentiero tortuoso saliva  la china del bosco insinuandosi tra gli alberi e le rocce e se era il tuo giorno fortunato potevi imbatterti in caprioli curiosi che si affacciavano da dietro tronchi di castagno o buffi scoiattoli che correvano tra i rami, scodinzolando, allegramente, la loro coda rossastra. Un posto unico, stupendo! Per la gente del paese era un luogo bellissimo tutto l'anno e generoso di castagne e funghi in autunno.

Ma la mia favola è estiva e, con un salto indietro di sessant'anni, vi voglio raccontare di quando, bambino, percorrevo quel sentiero, con gli amichetti, per andare alla capanna. La Barbotta, oltre ad essere un magnifico angolo di bosco, si diceva fosse anche un luogo magico dove, intorno alla capanna, vivessero fate, gnomi e altri abitanti del piccolo popolo. La curiosità era grande, come grande la trasgressione nei confronti dei genitori che non volevano ci allontanassimo troppo dalle case. Ma noi tre, bambini monelli e disobbedienti, quel pomeriggio ci addentrammo nel bosco… nel silenzio e nelle insidie del bosco!

Dopo circa un'ora di cammino, nei pressi della capanna, curiosi sì, ma anche un po' impauriti: “Guarda là, seduti sopra il muschio di quel grande sasso, ci sono tre gnomi che suonano il flauto, hanno le orecchie grandi... grandi e loro sono piccoli… piccoli... e... guarda poco più in là... c'è una fata… una fata vestita di azzurro che dirige la musica con la sua bacchetta magica. Guardate tra le frasche della capanna, ci sono gnomi con i cappelli colorati di giallo, rosso, verde, che suonano arpe e violini, armoniche a bocca e mandolini”.

Era la melodia del bosco che inebriava di gioia e serenità gli abitanti del piccolo popolo! Gli occhi spalancati, la bocca aperta per lo stupore, immobili e silenziosi per non turbare quell'immagine spettacolare, con un tappeto di piccolissimi fiori viola che faceva da sfondo ai nostri sogni. Poco contava se ad incantarci erano stati i colori della fantasia.

 

Alberto Bottazzi