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La vita, la montagna e 350 pecore. Intervista a Mirko Zamboni, l’ultimo pastore a Monte Orsaro

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Siamo a metà della conversazione, momento nel quale di solito ci si è capiti, confrontati. A quel punto scatta la domanda. “Mirko, si pente mai della scelta fatta ? Al mattino, svegliandosi, le capita di dirsi: ma non potevo fare un lavoro normale, come tanti ?”

La risposta è lapidaria: “Più o meno tutti i giorni”. Eppure, a trattenere il pastore Mirko Zamboni con la sua famiglia lassù, a Monte Orsaro, paesino dell’Appennino Reggiano a 1300 metri sul livello del mare, 4 km da Febbio, dev’essere una di quelle ragioni che stanno nel cuore, non nella testa, e che fa rima con radici, amore profondo per la montagna e per gli animali. Non si spiega altrimenti per i tipi di città la scelta di vivere così lontano dalla vita sociale e dai comfort.

La storia attuale di Mirko, nato il 16 luglio 1986 a Castelnovo ne’ Monti, inizia nel 2008 quando parenti e amici, una volta saputo che cosa avrebbe fatto da grande, gli rispondono “Stai fermo, ma dove vai !”.

E lei imperterrito. Come è arrivato alla decisione di fare pastorizia in quota ?

Vede, è difficile diventare pastore dal niente. Non è una di quelle attività popolari, che si consigliano ai giovani. Si tratta di un mestiere legato alle tradizioni famigliari, come è stato nel mio caso. Nonni e bisnonni hanno sempre fatto i pastori. Sono cresciuto nei racconti dei vecchi che parlavano di allevamenti, storie di pascoli. Fino a 25 anni fa succedeva di ascoltare tanti aneddoti di questo tipo, ora la tradizione orale si è un po’ persa. I giovanissimi pensano ad altro, compresi i nostri figli.

Quanti siete in famiglia ?

Siamo io, mia moglie Jessica e i nostri bambini, Alan di 10 anni e Mia di 5. Poi ci sono gli animali, le nostre pecore, i maremmani, gli asini e due cavalle.

Ci descriva la sua giornata tipo, in quest’Arca di Noè.

Dipende dalla mungitura del bestiame. Io ora non mungo, mi sto concentrando sulle carni. Ma se mungi devi tenere degli orari prestabiliti, sempre quelli. Alle sei del mattino bisogna che siano pronte. Sa, io mi occupo anche del fieno, sono pastore e contadino. Si parte al mattino presto, con il cibo al sacco, roba semplice, fette di pane, latte e prosciutto, e si badano le pecore dalla mattina alla sera. Di orari non ce ne sono. Tutti i giorni devi far fronte a degli imprevisti. D’inverno si rimane fuori fino alle 19 e d’estate fino alla mezzanotte. Non sei mai in casa. Noi poi facciamo pascolo d’alpeggio.

Quante ne ha in ovile ?

Adesso 350, sempre al pascolo, giorno e notte, con recinzioni elettriche. Le vogliamo tenere libere, ma il problema sono i lupi.

Ci dica.

Tutti gli anni i branchi sbranano e mangiano un sacco di pecore. Certo che se un pastore alla fine della vita lavorativa pensa a quanti capi gli hanno sbranato...

Lei ha chiesto dei risarcimenti per il bestiame perso ?

Assolutamente sì, ma c’è troppa burocrazia. Ti fanno perdere le speranze. I nostri asini e cavalli ora li teniamo dentro il recinto, ma fino all’anno scorso scorrazzavano liberi. Avevamo una decina di asini e quattro cavalli.

Oltre trecento pecore… sembrano tantissime.

Pensi che sono gruppi relativamente piccoli rispetto a quelli dei pastori transumanti. Con poco non ci fai niente. E’ un’attività che deve tener conto delle perdite. Negli ultimi tre anni la situazione è diventata quasi insostenibile, a causa delle devastazioni dei lupi. Gli attacchi sono frequenti, cacciano anche di giorno. Ci hanno già ammazzato quattro o cinque cani. Non hanno paura. L’anno scorso sul Prampa avevano circondato mia moglie. L’ha scampata bella, ma come si fa quando un branco vive un momentio di predazione ? Teniamo conto che oggigiorno la maggior parte dei lupi è ibrida. Il Canis lupus lupus, cane lupo euro asiatico, è sempre più raro nella sua forma originaria.

Perché accadono episodi così diffusi, secondo lei ?

Nel momento in cui un animale pericoloso non viene allontanato dall’uomo, nei modi consoni, esso si avvicina. Il caso più eclatante sono le volpi, adesso vengono a mangiare direttamente dalle mani delle persone, e non va bene. Né per loro né per noi. In queste terre abbiamo un branco di lupi di almeno dieci, dodici esemplari. Posseggo sei maremmani, ma fanno quello che possono.

Meteo avverso in Appennino. In che condizioni siete ?

E’ caduta neve per 60 cm. Tutto si complica.

Com’è la vita a Monte Orsaro ? Vi conoscete ?

(ride) Direi, siamo noi quattro e in aggiunta due anziani in paese, fra cui il cugino di mia mamma, del 1932. E pensare che ai tempi c’erano trecento persone e almeno 30 greggi di pecore negli anni Sessanta-Settanta. L’inverno è difficile da queste parti per chi non è autosufficiente. Si vede gente in estate.

Che consigli darebbe per ripopolare la montagna e i piccoli borghi periferici ?

Occorre lavoro, per richiamare i giovani, le famiglie. Ma di lavoro qui ce n’è poco. Bisogna arrangiarsi con quel che si trova.

6 COMMENTS

  1. Se fossi in Mirko , cambierei vita , mi iscriverei a face book , tik tok tic tac istagram….farei selfie dalla mattina alla sera ,coltiverei amicizie on line importanti e interessanti, basta verde , basta mosche , lupi solo nei fumetti !
    Un uomo che vive una vita vera , un esempio per tutti. Mi auguro che possa continuare a svolgere la sua attività perchè è la dimostrazione vivente di una realtà lavorativa bella e possibile.
    Complimentoni Mirko , non mollare
    Giubba

    • Firma - giubba
  2. Un meritato plauso a questo “ultimo pastore a Monte Orsaro” (o pastore e contadino come lui si definisce , con due parole che scandiscono bene il doppio e forte legame con la terra), alla pari di tutti i montanari che hanno scelto di dare continuità ai tradizionali mestieri di questo territorio, ed è sperabile che la nostra società ne comprenda ed apprezzi sempre di più l’importanza, e anche il valore identitario (a marcare la specificità e unicità della montagna).

    Queste righe ripropongono poi la “questione lupi”, vuoi per i risarcimenti che sembrerebbero difficoltosi per la “troppa burocrazia”, vuoi per la significativa perdita degli animali, vuoi anche perché pare aumentata l’audacia e aggressività del predatore, se come qui si dice ne sono rimasti vittima anche quattro o cinque cani (immagino di razza maremmana), e dunque una qualche soluzione al riguardo andrebbe trovata, se vogliamo ancora vedere animali al pascolo.

    P.B. 02.03.2023

    P.B.

    • Firma - P.B.
  3. Storie bellissime.frequento la montagna e conosco bene il problema dei lupi.mi arrabbio quando colpevolizzano i pastori che non fanno abbastanza per proteggere i loro animali.fermateli voi 12 lupi.e i maremmani aumentano solo i problemi

    Cidale marco

    • Firma - Cidale marco
  4. Non plaudo alla scelta che hanno fatto i signori Mirko e Jessica, sono maggiorenni e vaccinati perciò un salto nel vuoto non lo avranno certo fatto. Hanno avuto quel coraggio che manca a molti, me compresa, per attuare un cambiamento. Le questioni legate ai lupi sono ataviche e a pensarci bene alla signora è andata parecchio bene, perché non so se trovandosi nel bosco con un piccolo branco di uomini sarebbe finita con l’avere solo un po’ di fifa. L’essere umano fa più danni!
    Auguro che ricevano al più presto i risarcimenti dovuti e che possano continuare con serenità la loro meravigliosa attività, nel contempo auspico che desiderino promuovere il loro stile di vita ai più giovani per non far perdere ciò che loro hanno appreso. Tanti auguri.
    Manuela da Firenze

    Manuela Vagaggini

    • Firma - Manuela Vagaggini
  5. In buona sostanza, e dalla interpretazione che vi ho dato, le parole di Manuela da Firenze sembrano dire a Mirko e Jessica che è affar loro se hanno avviato una attività zootecnica in una zona nella quale il pascolamento deve vedersela coi lupi, quasi che la presenza del predatore sia diventata una incontestabile priorità, cui sacrificare casomai anche il tradizionale impiego di queste aree montane (se l’azione predatoria si facesse tale da dover rinunciare al pascolamento del bestiame).

    A me pare essere una posizione molto rigida ed intransigente, che non tiene conto dell’impegno richiesto dal lavoro che svolgono i coniugi Zamboni, mentre occorrerebbe invece cercare quei punti di mediazione che consentano la convivenza del lupo con l’allevamento del bestiame nella maniera che sta avvenendo a Monte Orsaro (o Monteorsaro, poco importa) e che, lo ripeto, dà anche pregevole tipicità ai nostri luoghi (ma forse questo aspetto interessa poco a Manuela da Firenze).

    P.B. 06.03.2023

    P.B.

    • Firma - P.B.