Home Cronaca “La neve programmata non è per nulla ecologica”

“La neve programmata non è per nulla ecologica”

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“Abbiamo letto in questi giorni dello scambio di opinioni sul quotidiano online Redacon dell’Appennino Reggiano e vorremmo dare qualche informazione per confutare alcune affermazioni quanto meno fantasiose, a sostegno di quanto già affermato dal nostro circolo Legambiente Appennino Reggiano”.

Interviene così Legambiente Emila Romagna nel dibattito che si è aperto, in questi giorni, in merito alla questione “neve in Appennino”.

“È un fatto che la temperatura media nella nostra regione - replicano - si stia alzando. I dati ARPAE su questo non mentono: il 2022 ha visto un aumento di temperatura di 1,2°C rispetto alla media del periodo 1991-2020; nei primi due mesi e mezzo del 2023 lo scostamento dalla media è pari addirittura a +1,7°C! Le precipitazioni, sia piovose che nevose, sono mediamente in calo, mentre gli eventi estremi sono in aumento. Occorre ricordare che, per ogni aumento della temperatura media pari a 0,5°C, la frequenza degli eventi estremi approssimativamente raddoppia”.

Da Legambiente spiegano che “la neve artificiale, o neve programmata, per essere prodotta necessita di condizioni ottimali per quanto riguarda temperatura e umidità: in particolare, sono necessarie temperature ben al di sotto dei -3°C (l'optimum sarebbe -15°C) e poca umidità. Anche in alta montagna queste condizioni non permangono molto a lungo, in Appennino è ancora più difficile: per fare un esempio, a Cerreto Alpi, nel mese di febbraio 2023, si sono avuti solo 13 giorni con temperature sotto lo zero (dati 3BMeteo)”.

Nella lettera precisano che “è un fatto che le riserve di neve in tutto il bacino del Po sono ai minimi storici: Cima Research Foundation ha calcolato una variazione pari a -61% per quanto riguarda l’acqua presente nel bacino del fiume; la neve caduta sulle Alpi si è ridotta del 53%; in generale, è stato rilevato uno stato di severità idrica preoccupante, con fiumi e laghi in sofferenza. L’acqua del fiume non serve solo per il mondo dell’agricoltura, dell’industria, o per l’uso civile: serve anche per il funzionamento delle centrali termoelettriche, che senza acqua si fermano, come per altro già avvenuto nella scorsa estate; la mancanza di acqua ha anche influenzato la produzione di energia idroelettrica, che secondo Terna è diminuita del 37,7%. Entrambi gli elementi necessari per la produzione di neve programmata, ovvero acqua ed energia, sono quindi diventati beni più scarsi rispetto al passato”.

Gli esponenti di Legambiente affermano:" È un fatto che la neve programmata non sia per nulla ecologica; non tanto per gli additivi, che con i moderni impianti non vengono utilizzati, quanto per la diversa consistenza della neve stessa che è più pesante e più compatta della neve naturale. La neve naturale stabilizzata pesa infatti tra i 150 e i 250 kg/metro cubo, secondo Cipra Italia, mentre la neve artificiale ha una massa compresa tra i 500 e i 600 kg/metro cubo: questo comporta una maggiore difficoltà per il ripristino del manto erboso, una volta finita la stagione sciistica. Anche i bacini per lo stoccaggio dell’acqua necessaria a produrre la neve artificiale sono scarsamente compatibili con l’ecosistema montano: oltre a comportare sbancamenti di terreno, richiedono interventi di impermeabilizzazione e il risultato finale non è comparabile ad un laghetto naturale. Gli impianti poi sono rumorosi e questo spaventa la fauna che si allontana”.

E aggiungono: “È un fatto, oltre a ciò, che la produzione di neve programmata ha un costo elevato. Sempre Cipra Italia ha calcolato che il costo per produrne un metro cubo sia stimabile tra i 2,50 e i 3 euro. Questi costi difficilmente ricadono su chi acquista lo skipass, ma vengono tendenzialmente coperti da contributi pubblici”.

“Siamo assolutamente consapevoli dell’importanza che lo sci ha rivestito per l’economia della montagna – affermano - e ci rendiamo conto che la situazione al momento sia molto complessa, come accade quando si verifica una riduzione delle risorse a disposizione di un determinato comparto economico (lo stesso è accaduto, in una dimensione più macroscopica, per il settore energetico nel corso dell’ultimo anno). Tuttavia adottare soluzioni semplicistiche alla mancanza di precipitazioni nevose in Appennino, come la disperata produzione di neve programmata, sperando in una inversione (assolutamente inverosimile) delle tendenze climatiche ci sembra un tentativo decisamente miope e destinato a fallire nel lungo termine”.

E concludono: “È invece necessario attivare un tavolo di confronto coinvolgendo tutti gli stakeholder del territorio per valutare le diverse possibilità a disposizione per garantire uno sviluppo economico dell’Appennino che invece sia realmente sostenibile sotto il profilo ambientale e attraente per le persone che desiderano fruire della montagna e della natura che essa ospita. Non esistono soluzioni preconfezionate a chi vive in montagna, per questo occorrerà sforzarsi di immaginare un nuovo orizzonte di sviluppo. È inutile invece aggrapparsi all’illusione che si possa continuare come se nulla fosse; qualsiasi tentativo di utilizzare la tecnologia per dominare fenomeni naturali non programmabili sarà destinato a fallire”.

5 COMMENTS

  1. Fa sicuramente piacere che Legambiente dopo le castronerie scritte nel precedente articolo si sia almeno documentata e in questo articolo seppure con ancora MOLTA approssimazione scrive utilizzando almeno alcuni dati “certificati “.
    Resta però il fatto che al di là di come la si pensi, l’economia montana si fonda ESCLUSIVAMENTE sul comparto turistico dello sci e, come già detto, ne oggi né mai ci saranno alternative valide.
    È assolutamente fondamentale che la montagna continui ad essere presidiata se non vogliamo che lo spopolamento porti all’abbandono totale ( e dove sono stati chiusi gli impianti ben vediamo il degrado che si è creato).
    Infine, mi piacerebbe che da parte di legambiente e di tutti gli ecologisti integralisti ci fosse coerenza; sarebbe bello che dessero l’esempio cominciando a non usare i computer, gli elettrodomestici e i condizionatori in estate. Ecco, quando questo succedesse, allora si potrebbe pensare di ridurre le spese per la neve programmata.
    RIMANIAMO IN TREPIDANTE ATTESA!!

    • Firma - AlessandroZampolini
  2. Come al solito lega ambiente è rimasta al secolo scorso sulla tecnologia invernale, ma fa lo stesso non si puo’ dar da intendere a chi non vuol capire , Le vs alternative potreste cominciare a sperimentarle nelle località che da anni sono chiuse come Civago Prato spilla, Febbio, perchè non lo fate, semplice perchè alla neve non vi è alternativa, ma solo chiacchere.
    Secondo il vs modo di ragionare anche le coltivazioni dovrebbero essere abbandonate , non piove piu’ non cè piu’ acqua, ma vedo che nelle ns pianure invece si utilizza la tecnologia per innaffiare o sbaglio, l’acqua la rende disponibile le bonifiche e i costi chi li paga? ( perchè non vi scagliate contro gli agricoltori? forse perchè anche voi dovete mangiare vero? A proposito dei costi e dei contributi anche l’agricoltura le stalle e tutti i comparti produttivi ottengono finanziamenti a fondo perduto ma nessuno si sogna di dire alt vero? Termino dicendo ancora una volta che come tutte le attività sottoposte ai cambiamenti climatici occorre adeguarsi agli stessi e che l’attuale tecnologia per innevare le piste è un adeguamento alla nuova normalità, cosi’ come tutte le attività all’aria aperta.

  3. Niente….quando Legambiente da MARTE inizia con il pesare la neve, discutere del disturbo acustico della fauna e per finire inserisce nel testo la parola STAKEHOLDER ti rendi perfettamente conto che nel LORO MONDO funziona proprio così. Beati loro e il loro pianeta !!!

    Lg73

    • Firma - Lg73