Home Cronaca Riflessioni ulteriori su taglio boschi Alto Appennino

Riflessioni ulteriori su taglio boschi Alto Appennino

1115
5

Riceviamo e pubblichiamo

***

Dopo la nostra ironica segnalazione, documentata da esplicative fotografie che chiunque può valutare, e il successivo intervento dei Carabinieri e del Comune di Ventasso: i primi a attestare la regolarità del taglio, il secondo la professionalità delle aziende del settore, rimarchiamo la nostra perplessità e preoccupazione per questa modalità di gestione del patrimonio forestale nell’Alto Appennino Reggiano.
Una cosa sono le autorizzazioni e i regolamenti, un’altra è il buon senso nell’applicarli e nella ricerca di soluzioni alternative e condivise tra tutti i “titolari di interessi” (stakeholders) della montagna: per continuare a permettere un buon uso, anche a fini privati, di un bene che non può essere considerato solo privato.
Liquidare questa problematica imputando alla “meteorologia” la distruzione, evidentemente annunciata, delle matricine deputate al rinnovo degli oltre 2 ettari di bosco tagliato, come se non esistessero soluzioni alternative alla ceduazione, è quanto meno limitativo.
Tra l’altro è lo stesso Comune a confermare che “… i problemi evidenziati non sono riconducibili a un’errata conduzione di un cantiere forestale ma bensì a eventi calamitosi atmosferici, come da sempre capita sul nostro crinale”, comprovando la natura sistemica dei danni provocati dal gelo alle matricine residue, prive della protezione fornita dalle piante più grandi (come si evince senza ombra di dubbio dal bosco circostante non tagliato, nel quale la “galaverna” non ha fatto alcun danno).
Se la ceduazione, anche a raso, può andare bene per piantagioni in aree vocate, soprattutto della pianura, nei boschi dell’alto Appennino si potrebbero utilizzare altre modalità di gestione già ampiamente  sperimentate: a partire dal ceduo migliorato ma, soprattutto, lo sterzo e l’alto fusto. Queste tecniche consentono sia di fornire reddito, diversificando parte della produzione verso legname da opera, di più alto valore rispetto al solito cippato e legna da ardere, ma anche di “assecondare” la moderna vocazione turistico-ricreativa, terapeutica e, non ultima, ecosistemica del bosco.
La sfida per il futuro dovrebbe essere quella di operare in modo da ottenere quanto serve all’Uomo, riducendo al minimo il disturbo all’ecosistema forestale, e lasciando alle foreste lo spazio ed il tempo di cui hanno bisogno. Una sfida raccolta dal progetto culturale Centro uomini e foreste d’Appennino” e dalla conseguente promozione dei “Crediti di sostenibilità, lanciato dal Parco Nazionale nel 2021, concepito per migliorare “…la capacità delle foreste di assorbire Co2, ma anche di generare altri benefici (servizi ecosistemici: conservazione della biodiversità e del suolo, servizi idrici di bacino e turistico-ricreativi) per il benessere del genere umano”.
Per ultimo, non dovrebbe essere sfuggito che la zona interessata dal taglio è adiacente sia al Parco vero e proprio sia al sito Natura 2000 “IT4030003 - ZSC-ZPS (Monte la Nuda, Cima Belfiore, Passo del Cerreto)”, nonché si trova nella zona “cuscinetto”del territorio riconosciuto dall’Unesco come Riserva Uomo e Biosfera – (MAB – Man and Biosphere), cioè in una fascia che “…circonda o confina con le aree centrali ed è utilizzato per attività compatibili con buone pratiche ecologiche che possono rafforzare la ricerca scientifica, il monitoraggio, la formazione e l'istruzione”: un riconoscimento internazionale rilevante che può generare importanti ricadute di ordine economico, ottenuto anche grazie all’armonia secolare esistente tra il paesaggio e l’attività umana in un territorio che fa da frontiera climatica tra il Mediterraneo e l’Europa continentale.
Speriamo che queste ulteriori precisazioni e riflessioni servano a chiarire che la nostra segnalazione non aveva alcun intento “strumentale” (a che pro?), verso nessun soggetto coinvolto, ma semplicemente è nata dallo stupore di incappare, da “turisti per caso” in un territorio di così alto pregio naturalistico, in una porzione di bosco dove…..il bosco era semplicemente sparito (tra l’altro lungo un sentiero del Cai, censito ufficialmente dalla Regione Er, scomparso pure esso perché sotterrato dalle ramaglie e dai residui del taglio).

5 COMMENTS

  1. Guardando la copertura boschiva del nostro Appennino viene da pensare che abbia ben corrisposto, anche sul piano ambientale, il taglio tradizionale praticato negli anni dai montanari, onde ricavarne legna per sé e per altri, cui aggiungere il carbone nella parte alta del territorio, e va poi tenuto conto che tale copertura pare destinata ad estendersi ancora, in forza di quei terreni divenuti via via incolti ed avviati a trasformarsi in bosco.

    In buona sostanza, sembra che nel tempo il periodico rinnovo del bosco abbia dato complessivamente “buoi frutti”, il che ovviamente non esclude che possano migliorarsi e perfezionarsi le tecniche di conduzione del bosco, ma tutt’altra cosa sembrerebbe invece essere il voler ridurre al minimo il disturbo all’ecosistema forestale, lasciando alle foreste lo spazio ed il tempo di cui hanno bisogno, ossia la sfida di cui si parla in queste righe..

    Dal momento che il taglio dei boschi è disciplinato dal Regolamento Forestale Regionale n. 3 del 2018, che prescrive l’osservanza di regole ben precise, mi pare che il “ridurre al minimo” significherebbe ulteriori e consistenti restrizioni, che suonerebbero abbastanza incomprensibili se quanto avvenuto fino ad ora ha permesso la condizione di “armonia secolare tra il paesaggio e l’attività umana”, come leggiamo sempre in questo articolo.

    Circa la “questione CO2”, resto dell’idea che il ricrescere del bosco, dopo il taglio eseguito secondo i turni e le modalità di cui al citato Regolamento, giovi non poco all’ecosistema dal momento che le piante, nel loro svilupparsi fino a diventare di nuovo idonee all’eventuale successivo taglio, assorbono CO2 dall’atmosfera per utilizzarne il Carbonio, ma qui mi fermo perché l’argomento è controverso (ed opinabile il mio punto di vista).

    P.B. 24.04.2023

    • Firma - P.B.
  2. L’amministrazione comunale ci tiene a ribadire che il cantiere forestale da voi ritenuto non adeguato, non è ,invece,un’impronta negativa per il territorio. Ricordiamo ancora che tutte p.m.p.f rilasciate in fase autorizzativa,prevedono valutazioni ambientali che certificano che tutte le attività antropiche sono compatibili e sostenibili nel rispetto delle capacità rigenerative degli ecosistemi e delle risorse, della salvaguardia della biodiversità e dell’equa distribuzione dei vantaggi connessi. Vogliamo tranquillizzare gli scriventi he il bosco non e sparito e la rottura delle matrici non comporta processi irreversibili. Presto si rigenererà un bosco giovane,che continuerà a svolgere le sue funzioni. Concludiamo informando che gli alberi spezzati sono stati rimossi e il sentiero è nuovamente fruibile. Rimanendo a disposizione per ulteriori chiarimenti, porgiamo distinti saluti . Amministrazione comunale di Ventasso

    • Firma - Comune ventasso
  3. Ho letto il vostro articolo e sento di essere vicina al vostro pensiero. Vorrei inoltre aggiungere che questo non accade solo in alta montagna e in zone di rispetto naturalistico, ma anche sulle nostre colline. Un giorno passi e c’è il solito pezzo di bosco, bello e di sicura importanza, non solo per l’ecosistema ma anche per le nostre rive (ricordiamo che metà dei nostri territori franano) mentre due giorni dopo praticamente non esiste più. Ti informi mandi controlli e purtroppo capisci che istituzionalmente loro potevano tagliare in quel modo…..Ma appunto: il buon senso non esiste più?

    (Nelly)

    • Firma - Fata
  4. Gli italiani restano un popolo di odiatori della natura, per rasare l’erba e variamente affettare poveri alberi innocenti i soldi e le persone si trovano sempre. Il resto (cura, pulizia, rigenerazione ecc.) non interessa a nessuno.

    (Marco)

    • Firma - M.S.
  5. Che i boschi abbiano una funzione che va ben oltre quella del semplice sfruttamento economico è ormai assodato, oltre che dalla scienza e dal buonsenso comune, anche dalla giurisprudenza internazionale, europea e nazionale. La stessa Corte Costituzionale, con sentenza n. 105 del 2008, ha ribadito: “Si può dunque affermare che sullo stesso bene della vita, boschi e foreste, insistono due beni giuridici: un bene giuridico ambientale, in riferimento alla multifunzionalità ambientale del bosco, ed un bene giuridico patrimoniale, in riferimento alla funzione economico-produttiva del bosco stesso”.
    Questi due distinti concetti, di multifunzionalità del bosco e di valorizzazione della funzione economico-produttiva, chiariscono perchè il secondo concetto (economico-produttivo) abbia i suoi limiti nel primo (tutela ambientale multifunzionale), non essendo possibile l’inverso, e spiegano anche perchè lo Stato contribuisca al finanziamento con soldi pubblici di attività forestali svolte da imprese private (codice ATECO 02.10.00).
    I servizi ecosistemici forniti dal patrimonio boschivo-forestale sono infatti molteplici:
    SUPPORTO ALLA VITA (Ciclo dei nutrienti; Formazione del suolo, Produzione primaria; Assorbimento di carbonio, inquinanti particellari ed altri inquinanti aerodispersi; Contrasto al riscaldamento climatico; …)
    APPROVVIGIONAMENTO (Cibo; Acqua potabile; Legname, fibre e prodotti spontanei; Combustibili;…)
    REGOLAZIONE (Regolazione del clima; Regolazione idrogeologica; Conservazione della diversità biologica; …)
    VALORI CULTURALI (Estetico; Spirituale; Educativo; Ricreativo; Terapeutico;. ..)
    (Fonte: MEA – Millennium Ecosystem Assessment, 2005).
    Tutte queste funzioni necessitano di una attenta pianificazione basata sul bilanciamento di interessi diversi e spesso in conflitto tra di loro (pubblico/privati, locali/globali, di breve/lungo periodo), che ne garantisca la salvaguardia nel tempo e ne valorizzi e tuteli le vocazioni locali.
    La Strategia Forestale Nazionale (di cui al D.Leg. 34 del 3/4/2018), che nei suoi intenti dichiarati è “…uno strumento adottato a beneficio del patrimonio forestale italiano, nell’interesse collettivo”, con il recente decreto ministeriale attuativo n° 48567 del 31 gennaio 2023 sui “Contratti di filiera nel settore forestale”, erogherà 10 milioni di euro di soldi pubblici a operatori del settore: da come verranno utilizzati si capirà meglio se l’ago della bilancia rimane al centro degli interessi collettivi oppure se penderà verso interessi più “particolari” e privati.