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Il gestore del rifugio Lagoni condannato per il furto di cartelli dei sentieri

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Lago Santo

Nella tranquilla strada che collega Cancelli a Lagoni, le foto trappole posizionate dai carabinieri con l'intento di monitorare il passaggio dei lupi hanno invece svelato un crimine insolito. Come riportato dalla Gazzetta di Parma le immagini catturate dalle trappole hanno infatti rivelato il gestore del rifugio Lagoni, Gregorio Guidi, mentre rimuoveva due cartelli che segnalavano i sentieri. Questo gesto gli è costato una condanna a 4 mesi, 10 giorni di reclusione e una multa di 150 euro, secondo la sentenza emessa dal giudice Alessandro Conti. Il pubblico ministero Laila Papotti aveva richiesto una pena di un anno, ma questa è stata sospesa, così come la menzione sul certificato penale.

Inoltre, Guidi è tenuto a versare un risarcimento danni di 2.000 euro al Club Alpino Italiano, l'ente responsabile della posa e della cura dei cartelli all'interno del Parco dell'Appennino Tosco-Emiliano, che si era costituito parte civile nel processo, assistito dall'avvocato Paolo Moretti.

Purtroppo, i danneggiamenti e i furti dei cartelli che segnalano i sentieri non sono una novità. Nel novembre del 2020, Gian Luca Giovanardi, allora presidente della sezione di Parma del Cai, aveva presentato una querela contro ignoti. Un gesto necessario considerando che, come evidenziato durante la discussione dall'avvocato Moretti, "70 soci del Cai nel solo 2021 hanno dedicato oltre 350 giornate alla posa di cartelli per i sentieri" ma le speranze di identificare almeno uno dei responsabili di questi atti vandalici erano poche. Eppure, si è verificato un colpo di scena.

Otto mesi dopo, i carabinieri della stazione Parco Bosco di Corniglio hanno installato due foto trappole all'inizio dei sentieri delle Carbonaie e di Roccabiasca-Ponte del Prolo per sorvegliare gli spostamenti della fauna selvatica. Dopo una ventina di giorni, l'8 luglio 2021, due militari sono tornati per controllare la memoria e la carica delle batterie dei dispositivi. Successivamente, analizzando le immagini scattate dalle foto trappole, si sono trovati di fronte al volto di una persona anziché a quello di un lupo o di un altro animale. La persona riconosciuta era proprio il gestore del rifugio Lagoni, che tra le 8:20 e le 8:31 di quella mattina stava rimuovendo i due cartelli, caricandone uno in auto.

Secondo l'avvocato Moretti, il movente di questo furto era che Guidi voleva eliminare i cartelli relativi ai sentieri che deviavano rispetto al suo rifugio. Si tratta di un gesto non da poco, poiché l'intenzione era di indirizzare il maggior numero possibile di persone al suo rifugio. Questa stessa ipotesi era stata avanzata dagli investigatori, come risulta dagli atti acquisiti durante il processo. Guidi non si è presentato in aula il giorno della condanna, e il suo difensore, Sandro Milani, non ha discusso della sua responsabilità, poiché, come ha affermato, "ci sono le immagini delle foto trappole". Tuttavia, Milani ha posto l'accento sulla richiesta di una pena minima e ha contestato la richiesta di risarcimento da parte civile, sostenendo che la richiesta di 10.000 euro era del tutto infondata.

Nonostante ciò, il gestore del rifugio Lagoni ha pagato il prezzo del suo blitz criminale: 2.000 euro da versare a uno dei suoi concorrenti.