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Morte di Sara Teneggi, il giudizio per i ‘pusher’ si avvia al termine

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Morte di Sara Teneggi, il processo per i due pusher si avvia al termine

La giovane, residente a Carpineti, ma conosciuta in montagna per aver lavorato in diversi bar, era stata trovata senza vita nella sua stanza il pomeriggio dell’8 ottobre del 2017, uccisa da un cocktail di alcol, metadone e cocaina. Aveva 29 anni.

Sara Teneggi

Le indagini della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Emilia avevano portato all’individuazione di quattro possibili responsabili a vario titolo. Il fidanzato della giovane, Andrea Busanelli; un amico, il milanese Matteo Concu, e i due soggetti che avrebbero fornito stupefacente e metadone, l’albanese Erik Lile e Silvano Leonardi, di Castelnovo Monti.

DUE SONO STATI GIA’ GIUDICATI

Le posizioni giudiziarie di Busanelli e Concu sono state già definite davanti al Giudice dell’Udienza Preliminare, Dario De Luca. Busanelli, che aveva chiesto il giudizio Abbreviato (che comporta lo sconto di pena di un terzo) condizionato a una perizia medica, era stato condannato, l'8 febbraio del 2022, a due anni di reclusione pena sospesa, in quanto subordinata al pagamento di una provvisionale di 30 mila euro alle parti civili costituite in processo (Il padre, la madre e la sorella della vittima). Concu, contestualmente, aveva patteggiato una pena di un anno e 8 mesi di reclusione.

Per entrambi gli imputati, l’accusa era quella di abbandono di incapace (Sara a causa dell’abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti era in una condizione di incapacità di provvedere a se stessa), con l’aggravante di averne portato, poi, al decesso. Per Busanelli, difeso in giudizio dall’avvocato Giovanni Tarquini del foro di Reggio, il dottor De Luca aveva riconosciuto l’abbandono di incapace ma aveva escluso l’aggravante, da cui era scaturita la sospensione della pena.

Il legale di Busanelli ha presentato ricorso in Appello, fondandolo sui medesimi presupposti su cui aveva chiesto l’assoluzione in Abbreviato: dalla consulenza tecnica di parte, sarebbe emerso che anche in presenza di soccorsi immediati, la ragazza non si sarebbe potuta salvare, da qui, secondo il legale, non vi era dovere di custodia da parte del suo assistito. Il calendario delle udienze deve essere, tuttavia, ancora fissato.

RITO ORDINARIO PER DUE

Invece, per Lile e Leonardi, vi era stato il rigetto della richiesta di ‘non luogo a procedere’, con conseguente rinvio a giudizio. Ieri pomeriggio, nell’aula di tribunale presieduta dal giudice Michela Caputo, si è svolta una delle ultime udienze del rito ordinario per i due imputati.

Il giudice Michela Caputo

Entrambi devono rispondere del reato di detenzione e traffico di sostanze stupefacenti, seppur di lieve entità (articolo 73 comma 5 del Testo unico degli stupefacenti). A Lile, difeso di fiducia dall’avvocato Matteo Iotti del foro di Reggio, nello specifico, si contesta di aver ceduto poco più di un grammo di cocaina a Teneggi e Busanelli, nei pressi di via Emilia Ospizio, il giorno prima della morte della 29enne, più tutta una serie di altre cessioni a diversi ‘clienti; mentre per Leonardi – difeso dall’avvocato Domenico Noris Bucchi, rappresentato in aula dall’avvocato Leonardo Teggi -  il reato contestato è lo stesso, ma l’oggetto della cessione sarebbero “due flaconi di metadone cloridrato da 60 mg ciascuno” alla Teneggi e a un’amica, sempre lo stesso sabato del 2017, questa volta a Carpineti.

LA DEPOSIZIONE DEL TESTE

Ieri, in udienza, è stato sentito uno degli assuntori che avrebbero acquistato la cocaina direttamente da Lile in qualità di testimone chiamato dalla Procura. A lui è stato chiesto il riconoscimento fotografico dell’albanese, presente in un elenco di foto segnaletiche, che è stato sottoposto al teste: “Il 2017 per me è stato un anno buio – ha dichiarato  – e mi rivolgevo a lui ogni tanto per comprare cocaina? Quante volte al mese? Due o tre”. L’avvocato Iotti, nel suo controesame, ha evidenziato una forte discrepanza fra quanto verbalizzato dai carabinieri di Castelnovo Monti nell’acquisizione delle sommarie informazioni durante l’attività d’indagine e quanto deposto dal testimone in aula: “Cessioni in cento occasioni in un anno? E’ un numero esagerato, erano molte meno”. Di fronte alla contestazione del pm che il verbale era stato firmato dallo stesso, l’uomo ha risposto: “Se ho firmato quella dichiarazione, me ne assumo la piena responsabilità, ma ciò che ricordo erano non più di, due, tre al mese”.

Il processo si concluderà il 21 dicembre, con l’ultimo testimone dell’accusa da sentire. Poi,  discussione e sentenza.