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L’Appennino e… ‘l’enigma lavoro’

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Riceviamo e pubblichiamo:
"So di addentrarmi in un quasi labirinto, se non un  'vespaio', trattandosi di argomento delicato e complesso, e parecchio controverso, nonché divisivo, ma mi concedo nondimeno una riflessione al riguardo - ovviamente opinabile stante la premessa appena riferita -  prendendo lo spunto dal recente articolo di Redacon, dal titolo “Il turismo cresce in provincia, ma mancano lavoratori”, in cui si legge che, col comparto  in ripresa, “la vera emergenza è rappresentata dalla carenza di figure professionali che lavorino in questi mesi estivi”, pur se con contratti adeguati alle necessità del personale (come sta scritto).
Vi ritroviamo pure un invito ad orientare  i giovani verso quei settori che mancano di figure professionali specializzate, il che risponde al ragionevole criterio  di  far incrociare e corrispondere quanto più possibile domanda ed offerta sul piano occupazionale, ma qui potrebbe nascere l’obiezione che ciascuno di noi intraprende il mestiere o professione cui si sente più idoneo e vocato,  o che può maggiormente soddisfare le proprie e rispettive  aspirazioni e motivazioni, il che non è di certo privo di logica ma deve tuttavia fare realisticamente i conti  coi fabbisogni e con le richieste che vengono da mondo del lavoro

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In questa circostanza io non so se  le previste  mansioni  comportino una specifica e preliminare formazione, che non tutti gli  “occupandi” posseggono, e ciò spiegherebbe la carenza numerica di addetti (mentre una tale evenienza forse non si presenterebbe qualora le mansioni fossero di tipo generico),  o se invece i posti a disposizione sono poco appetibili trattandosi di lavoro stagionale, ossia temporaneo, e in quest’ultima eventualità ricordo che, un tempo, diversi giovani, nella pausa scolastica estiva, si prestavano a lavori transitori, quale forma di apprendistato o pure già sapendo che in seguito avrebbero fatto altro.
 Generalisti e specialisti
Io credo peraltro che non sia un male  il cominciare  con esperienze occupazionali varie, tramite un sistema definibile  orizzontale o generalista, che ci dà una visione d’insieme, anziché partire fin da subito con un indirizzo  specialistico, traducibile in sistema verticale, del genere “a canne d’organo”, e d’altronde  ci capita abbastanza spesso, anche in ambito familiare, di trovare piuttosto utili e preziose quelle figure polivalenti che si destreggiano bene  nell’uno o altro lavoro, e la cui versatilità deriva fors’anche dall’essersi precedentemente cimentati con più d’una attività (fatta ovviamente salva la  potenziale  duttilità  e poliedricità di  cui ciascuno di noi  può trovarsi dotato in via naturale).
La mia è una tesi del tutto individuale, e in ogni caso va preso comunque atto che le abitudini del passato sono pressoché tramontate, causa molteplici ragioni, talché  venendo all’oggi  -  e alle diatribe sorte in tema di lavoro  - sarebbe interessante capire quali settori,  in terra reggiana, soffrono  la mancanza di personale, e di quale categoria o profilo professionale, o si tratti invece di fenomeno trasversale e generalizzato, a sua volta  stabile o sporadico  (va da sé che su questo piano ogni territorio ha peculiarità proprie, ma vi sono pure tratti comuni, e quanto avviene in casa nostra, come ambito provinciale,  potrebbe anche configurarsi quale  eloquente  “finestra”  su   questa  dibattuta materia)"
P.B.