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Elda racconta: La colonia

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Quando le mie amiche e coetanee, mi hanno sentito parlare di “colonia”, subito si sono date da fare per farmi avere la foto ricordo di quel periodo.

Ho guardato bene questa foto vi dirò che ho usato anche la lente d’ingrandimento. Quasi tutte le bimbe e anche qualche maschio li ho riconosciuti bene, mi hanno accompagnato durante tutti gli anni delle elementari, ma non erano in colonia con me, difatti io in quella foto non ci sono.

Questa mi risulta ci fosse stata nel ‘45 o ’46 e si chiamava colonia diurna don Pasquino Borghi, io di quel periodo ho ricordi ben nitidi, andavo già a scuola, la mia invece la chiamavano ancora colonia Mussolini, o forse mi sbaglio e se qualcuno sa qualcosa me lo faccia sapere.

Io in quella colonia estiva ci sono stata, ma ero molto piccola, ricordo benissimo che c’erano bimbe più grandi, come l’Amelia Casali sempre col suo grembiule grigio, l’Alba Vanicelli che poi ho ritrovato in terza elementare, la Germana di ca’ di Patino, la Bruna che abitava a Rovina, la Lisetta figlia della maestra Geltrude, di questa mi sono rimasti impressi gli occhi chiari forse grigi o forse azzurri, con ciglia nere folte e faceva un po’ la padrona di casa. Tutte queste bambine avevano un anno o due più di me, ricordo che ero molto coccolata

 Non avevamo le brandine, ma le sedie a sdraio per il riposino pomeridiano e ricordo perfettamente che a una bimba era rimasto incastrato un dito mentre ne apriva una e anche le urla che faceva, la portarono di corsa all’ospedale, ritornò col dito e mezza mano fasciata da una benda candida e le lacrime che le scendevano silenziose sulle guance.

Dovete sapere che in quel periodo i miei capelli erano tanti, biondi e ricci, la mamma me li aveva lasciati crescere, forse un po’ troppo perciò spesso erano in disordine.

 Le bimbe più grandi mi volevano sempre pettinare e usavano le loro “pettinine” che poi erano pettini stretti e molto fitti che servivano per spidocchiare, così una sera arrivai a casa piena di “pellegrini” che mi passeggiavano sulla testa.

Ricordo l’orrore e il dispiacere sul volto della mamma, mi lavò subito usando la lisciva del bucato, ma loro resistevano, i miei fratelli dicevano:

“Bisogna tosarla a zero come una pecora”

E Nilo mi faceva il verso:

“Beee…Beee…”

Il giorno dopo, ero isolata in una stanza di casa mia, la mamma si confidò con la signora “Montessori?” parente degli Zurli che avevano l’albergo, lei era anche la mamma di una bimba della mia età si chiamava Rossana, erano arrivati credo dalla Sardegna, questo non lo ricordo bene.

Questa signora suggerì alla mamma la naftalina in polvere.

Una busta intera sulla testa, un fazzolettone dei suoi legato ben stretto sulla nuca e rigirato sulla fronte per 24 ore.

Vi dirò allora non esistevano le allergie, altrimenti non sarei qui a raccontarvelo, dopo le 24 ore tolto il fazzoletto sti pidocchi cadevano in terra solo a scuotere la testa, altro lavaggio e miei capelli finalmente liberati da ste brutte bestioline, brillavano più di prima (mi raccomando, questo metodo non provatelo sui vostri figli, i bambini di adesso sono più delicati non hanno gli anticorpi che avevamo noi, non fatelo assolutamente).

Questo è il ricordo più limpido della mia colonia e anche l’ultimo. Perché non mi ci hanno più mandato.

Ora vi racconto della colonia delle mie amiche, anche loro al “Polivalente” come si entrava dal portone principale, sulla sinistra vedevi una distesa di tavoli già apparecchiati con le famose scodelle e bicchieri di alluminio, quelli anche se ti cadevano non si sarebbero rotti. Sulla destra invece il dormitorio per il riposino pomeridiano, come facevamo noi, loro però al posto delle sdraie, avevano le brandine, come vedete avevano fatto un passo avanti, stavano molto più comodi.

 Prima del pranzo anche loro dovevano ingoiare una bella cucchiaiata di olio di fegato di merluzzo amarissimo e subito ti infilavano in bocca, uno spicchio d’arancia o di mandarino. Poi molto attesa l’ora della merenda distribuita nel cortile interno dalla signora Marta, poi sposata in Stazzoni, naturalmente tutti in fila senza spingersi sempre a due per due come durante le passeggiate che facevano su al Monumento, davanti le femmine e dietro i maschi, come vedete ben divisi.

Questa sospirata merenda, consisteva in una “rosetta” di pane imbottita di marmellata oppure burro e zucchero, poi molto aspettata e sospirata e diciamo pure anche sognata, rarissime volte, era ripiena di cioccolato. Tanti di quei bimbi a casa loro non potevano permettersi una golosità del genere, la guerra era finita da poco e la miseria imperava nelle famiglie.

In quello stesso cortile poi potevano giocare fare girotondi, o a nascondino, questo gioco lo facevano volentieri i maschi così con qualche corsa si sfogavano, mentre certe volte le bimbe preferivano chiacchierare in gruppetti ben separati. 

Per questi bambini cucinavano le cuoche come vedete dalla foto erano due la dolce e paziente Benilde che per causa della guerra era rimasta vedova con tre o quattro figli, l’ultima si chiamava Assuntina e aveva la mia età, si è sempre data da fare, molto più tardi l’ho ritrovata come infermiera nel reparto “TBC” dell’ ospedale Sant’Anna dove anch’io molto giovane ho provato a lavorarci, la mia esperienza però è durata poco, ma ricordo benissimo la sua bontà e l’aiuto che mi dava in un campo a me completamente sconosciuto. Nella colonia poi come cuoca c’era anche la signora Bazzoli lei abitava in fondo a viale Enzo Bagnoli vicino alle Tavernelle.

Riconoscerete le tre maestre molto giovani, l’Iade Crovi, l’Alfa Farinelli e la Nanda Ugoletti, lei giovanissima forse appena diplomata e mi pare di ricordare il suo sorriso anche nella mia colonia quella di uno o forse due anni prima, sinceramente la data non la ricordo, sicuramente non era questa.

 Un bel ricordo questa foto e mi spiace di non esserci stata, io di quando ero piccola ho solo la foto ricordo della prima Comunione.

Elda Zannini