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Elda racconta: la Val Badia (diario)

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Ventun agosto:

Non avrei mai pensato alla mia età di poter tornare lassù. Vedete io mi sono sempre reputata una montanara e orgogliosa di esserlo, ma ogni volta che sono capitata lassù, non importa da quale parte, per me “lassù” è solo la catena delle Alpi e come vi dicevo lassù mi sento come una formichina che guarda a occhi spalancati queste grandi cime a un tiro di schioppo.

Siamo arrivati a San Martin in Val Badia nell’unico albergo ad avere camere disponibili in agosto, verso fine mattinata, il lungo viaggio non mi aveva assolutamente stancata, perciò breve tappa e rinfrescata in albergo, né io, né mia figlia e tantomeno mio nipote Riccardo e Petra la sua ragazza, avevamo fame. Ci eravamo messi in viaggio con due macchine, perciò ne parcheggiamo una e ci rimettiamo in viaggio, ancora 15 chilometri per raggiungere, lassù in cima “Utzia de Bòrz” cioè Passo delle Erbe, dove da più di due mesi si trova Marlene, la nipote più piccola “si fa per dire 21 anni compiuti”, andata a fare la cameriera d’albergo, per guadagnarsi un po’ di soldini e non essere completamente dipendente dai genitori, gli studi che l’aspettano sono ancora lunghi.

Ha appena finito il suo turno e ci accoglie col suo solito bellissimo e sincero sorriso, ci stringe in un abbraccio e subito ritroviamo il senso della famiglia.

Io resto incantata a guardare dove finiscono i boschi di Pino Cembro, di Larici, Rododendro, Pino Musco, Croco, Genziana, Arnica e un’infinità di fiori colorati e davanti a me una fila di Sassi che assomigliano alle Dolomiti, difatti si chiamano Dolomiti della Val Gardena e qui con mia grande gioia mi dicono che le zanzare non esistono, siamo a più di 2100 metri.

Ventidue agosto:

Mentre Riccardo parte con la bici fuoristrada per fare il giro dei quattro passi, la Marly che aveva la giornata libera voleva portare noi donne a visitare un giardino botanico, dove coltivano fiori e erbe medicamentose con annessa distilleria. Un posto incantevole, grandi aiuole rettangolari, raccolgono le più svariate specie di fiori che offre questa montagna, davanti a ogni aiuola pende un flacone rivestito di legno contenente il suo profumo e tu puoi odorare e inebriarti. Ci fermiamo nell’annesso negozio parecchio tempo, la ragazza aveva tante domande da fare e una signora colta e affabile rispondeva e spiegava tutto, ma la distilleria che Marlene voleva farci visitare, neanche a farlo apposta si era incendiata proprio in quella notte, mandando in fumo macchinari antichissimi. Il viaggio non è andato a vuoto, dal momento che mia figlia con intolleranze da parecchio tempo ha trovato uno spray favoloso e ne ha sentito subito il beneficio.

Infine decidiamo di scendere ancora per recarci a Vipiteno e visitare questa città e naturalmente comprare qualcosa di genuino da portare a casa, pranziamo lì all’aperto, su quel viale larghissimo e io posso guardare queste montagne che ci circondano.

Al ritorno visito la Chiesa, dedicata a San Martin, al posto del sagrato c’è il cimitero, ogni fila di tombe rivolte verso la chiesa, come un grande ventaglio in leggera pendenza, solo croci di ferro molto lavorate, ma niente marmi, né cappelle, tutti uguali sembrava di essere in un grande giardino, tanti erano i fiori sia dentro che fuori dal muro di cinta, anche questi molto curati, vedevi ragazzi che passavano di li, riempivano l’innaffiatoio sotto la fontana e innaffiavano le aiuole, poi proseguivano il loro cammino. Quanto avrebbero da imparare anche i nostri.

Entro in questa chiesa e resto ammutolita solo un piccolo altare al centro, in fondo a un lungo corridoio libero, in mezzo a banchi nuovissimi in legno massiccio e molto alti, niente altari laterali, solo un ulna con le ossa del santo e tre sculture antichissime in legno appese vicine,  un crocifisso in alto e dalle parti ma più in basso, sempre  in piedi  la Madonna da una parte e Maria Maddalena dall’altra poi, un piccolo pulpito in ceramica decorata sulla destra, ma attaccato in alto solo come decorazione.  Mi inginocchio, poi mi siedo su questi banchi scomodi e prendo un libro con la copertina rossa appoggiato lì sopra, leggo il titolo “LALDUN LE SIGNUR” liberde cianties y orazun por la Val Badia, ne prendo un altro con copertina nera, stessa cosa.

Resto allibita né Italiano né Tedesco tantomeno Latino, soltanto “Ladino” mi raccontano che centinaia di anni fa, fu un vescovo di Vipiteno che riuscì a tenere unito questo popolo in questo modo e mi riferiscono che la loro religione è molto severa, sono rimasti a quei tempi là, “povero Gesù Cristo, a noi hanno insegnato che è   indulgente e buono” e resto lì a pensare, sarà meglio o sarà peggio come la pensano qui?

Ventitre agosto:

Arriviamo verso le nove a “Utzia de Borz” cioè Passo delle Erbe, Marly ha appena finito il suo turno mattutino, cominciato prima delle sei, adesso è libera fino alle undici, così ci accompagna fino al rifugio Fornella proprio sotto al monte chiamato “Sass de Putia”, siamo dentro al parco naturale Prin-Olde, appartenente alle Dolomiti Gardesane.

Siamo circondati da mandrie di mucche, mai viste di così grandi e con così lunghe corna e in mezzo a loro libero e felice il capofamiglia. I miei nipoti ben informati, mi dicono che è una razza Scozzese resistente al freddo. Tutte le recinzioni erano basse, ma elettrificate, da lì non potevano uscire, ma neanche i curiosi entrare, sembrava non ci fosse nessuno, ma se qualcuno per fare fotografie tentava di entrare, subito veniva richiamato.

Dopo una lunga salita che sembrava non finire mai, su un sentiero sassoso, arriviamo al rifugio. Costruzione bellissima, naturalmente tutta in legno con bar, terrazzi coperti e i vari servizi pulitissimi.

Finalmente un po’ di riposo per il fisico, non per la vista che continua a spaziare a 320° gradi.

Mio nipote Riccardo e la sua ragazza ci avevano preceduto, volevano arrivare sulla punta del “Sass de Putia” e Marlene deve fare ritorno alle 11 deve riprendere servizio ci sono i pranzi da servire, ma mi rincuora dicendomi che tornerà verso le 15,30 con Alessio che ha condiviso con lei questa avventura.

Mia figlia era la seconda volta che arrivava lassù, c’era stata il mese prima, perciò dopo il dovuto riposo, facciamo una passeggiata lungo il sentiero che fa da corona a questa montagna. Mentre cammino osservo il recinto delle pecore dal manto candido fresco di bucato e il musetto nero, quando parlo di recinti, non parlo di una decina di metri, ma di chilometri di prati verdi, come il tappeto di un campo da calcio. Poi il laghetto con la casetta delle papere, ce n’erano due che se la raccontavano alla grande incuranti della gente che si fermava a guardare, somigliavano a me e mia cognata quando il pomeriggio ci troviamo qui fuori per una chiacchierata. Poi i molti sdrai matrimoniali di legno, i lettini per prendere il sole dello stesso materiale, i giochi per i bambini tutti in legno massiccio, il trenino, il pinco-panco coi manubri sostenuti da bestioline scolpite con pazienza per abbellire, cavalli snodabili a profusione, gabbiette per conigli lasciate aperte per la gioia dei bambini, sì perché ci sono tanti bambini, famiglie intere, nonni compresi, carrozzine con alte ruote e papà che le spingono,  porta bebè sul dorso o sul cuore, gente che sente il senso della famiglia e mi dicono che la regione e lo stato li aiuta molto, ma non bazzecole e mi viene in mente che proprio quella mattina, un signore arrivato con una comitiva, dalle Marche, mi diceva:

“Ma qui non si vede nessuno, i bambini, dove sono i bambini”.

Ecco dove sono, dove c’è libertà, pulizia, dove possono correre urlare, ridere e respirare aria pura e poter domandare che troveranno risposte, sono in questo paradiso.

Il sentiero è quasi pianeggiante, bisogna certamente guardare dove si mettono i piedi, anche se sorretta e aiutata dalle mie ormai consunte racchette.

Arriviamo vicino a un grande Sasso, in alto c’è una nicchia dove qualcuno ha posto la statua di Padre Pio, lo guardo e lo saluto e sono contenta di trovarlo anche qui, chissà mai chi avrà avuto quest’idea di metterlo su questo sentiero.

Torniamo al rifugio e finalmente mangiamo un’enorme bistecca tenerissima e saporita, erano anni che non sentivo il sapore genuino della carne, con contorno di patatine novelle. Intanto sono arrivati anche i due escursionisti che sono stati sulla cima e hanno tanto da raccontarmi, poi finalmente arrivano anche Marlene e Alessio. Bella giornata, in alto, aria pura e sole, tanto sole che brilla nel cielo limpido.

Il ritorno lo trovo un po’ più difficoltoso, ho il timore che in discesa qualche sasso mi rotoli sotto i piedi, Riki subito se ne accorge, passa il suo braccio sotto al mio, mi sorregge e mi fa volare durante tutta la discesa, carissimo nipote, uomo di “poche parole, ma tanti fatti”

Ventiquattro agosto:

Aspettiamo a San Martin, la Marlene che ci raggiunge col pullman, Riccardo ha deciso di sfruttare anche l’ultimo giorno per far distrarre un po’ la sorella, arriveremo a Corvara, piccola città di montagna, ma molto completa e ordinata. Giriamo per il centro solo negozi signorili, niente bancarelle.

Veniamo attratti dal rumore dei pattini e dal tifo che usciva dal palazzetto del ghiaccio “non scordiamoci che Marlene per sei anni ha frequentato pattinaggio ad Albinea, perciò entriamo e ci godiamo questi ragazzini in allenamento. A destra una partita molto competitiva, due squadre capitanate da due allenatori “maschio e femmina” molto giovani. A sinistra invece allenamento di ragazzine che fanno “artistico” e io penso a tutti i soldi che da noi hanno buttato nel palaghiaccio del Cerreto, dove non ci saranno mai bambini come qui che giornalmente si allenano, perché l’hanno costruito in un posto molto lontano, ci vuole troppo tempo e soldi per raggiungerlo.

Ai nostri nipoti che devono anche trovare il tempo per studiare, resta solo l’Oratorio don Bosco, un po’ poco mi pare, o mi sbaglio.

Nel pomeriggio partenza e ritorno alla Pietra, che vi dirò, in questo momento non mi pare più tanto bella e mi ricordo tanti anni fa quando un mio amico di “lassù” mi diceva:

“Non penserai di essere una montanara, perché ti trovi quel sasso piatto sulla testa!”

Ricordi…sempre ricordi.

Elda Zannini