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Il patriota Pietro Michele Angelo Manini

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Come già raccontato in un articolo precedente, l’Appennino reggiano, in particolar modo Castelnovo ne’ Monti, ha dato i natali a due importanti protagonisti del Risorgimento italiano. Oltre a Cirillo Monzani, nel capoluogo della montagna reggiana nacque Pietro Michele Angelo Manini, classe 1814, che dedicò tutta la sua vita ai valori repubblicani e lavorò attivamente nelle fila del Partito Repubblicano Italiano.

Trasferitosi a Vezzano, lavorò per tutta la vita come artigiano del rame, mestiere di famiglia, che gli permise di perorare, anche economicamente, la sua causa politica. Poco si sa sui suoi anni giovanili. Il capo dei rossi, così era conosciuto, condivise le idee della Giovine Italia di Mazzini e subì controlli della polizia del Ducato di Modena e Reggio. Fu addirittura arrestato più volte e detenuto nel carcere di Rubiera, una delle quali in occasione della Rivolta di Milano del 6 febbraio 1953.

Nel 1859 scoppiò la Seconda guerra d’indipendenza e crollò il Ducato di Modena: in quel frangente Manini si ritagliò un posto tra i principali attivisti della sezione reggiana del Partito d'Azione. Anche i suoi figli Filippo e Secondo condividevano le stesse idee repubblicane, tanto arruolatisi tra i garibaldini durante battaglia del Volturno dell'ottobre 1860. In quegli anni e in quelli successivi il patriota si spese e si rese protagonista in diversi ambiti. Assunse la guida della Società di Mutuo Soccorso locale, che verrà sciolta per ordine delle autorità dopo la sconfitta sull’Aspromonte del 1862, e si dedicò alla propaganda attiva, anche a mezzo stampa.

La “questione romana”, ovvero la controversia presente durante il Risorgimento relativamente al ruolo di Roma, che era sia sede del potere temporale del Papa ma, contemporaneamente, capitale del Regno d'Italia, stava particolarmente a cuore al Manini. Arrivò addirittura, insieme a Giuseppe Pomelli, a dar vita ad una formazione di volontari armati che avrebbero dovuto proclamare una repubblica si insorti in Appennino, per costringere il governo, non è chiaro come, a riflettere sul ruolo della (oggi) Capitale.

Il gruppo, partito da Reggio Emilia, fu fermato dai Carabinieri Reali a Bagnolo ma la storia diede “ragione” alle istanze dei patrioti italiani. Il 17 marzo 1861 il re Vittorio Emanuele assunse il titolo di Re d’Italia e Il 20 settembre 1870, con la Breccia di Porta Pia, lo Stato Pontificio, e quindi Roma, fu annesso al Regno d’Italia.

Manini, che aveva lottato e creduto nell'Italia unita, si ritirò a vita privata e si spense il 18 giugno 1890, in estrema povertà, nella sua casa di Reggio nell'Emilia. Il suo elogio funebre fu letto dal reggiano Camillo Prampolini, fondatore del Partito Socialista Italiano.

Marco Capriglio