Home Economia Oltre 300 i reggiani presenti al Villaggio Contadino di Roma

Oltre 300 i reggiani presenti al Villaggio Contadino di Roma

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C’era anche la Fattoria Fiori di Vetto tra gli oltre trecento agricoltori reggiani, insieme al direttore Alessandro Corchia, stanno partecipando al Villaggio Coldiretti di Roma, al Circo Massimo, nel cuore della capitale, dove alla presenza del presidente nazionale di Coldiretti Ettore Prandini e di migliaia di agricoltori da diverse regioni, sono intervenute le istituzioni e rappresentanti della società civile per discutere sui temi del cambiamento climatico, dell’alimentazione, dei rischi connessi all’affermarsi di modelli di consumo omologanti, a partire dall’arrivo sulle tavole del cibo sintetico a minacciare la salute dei cittadini e la sopravvivenza stessa del Made in Italy agroalimentare.

La premier Meloni ha visitato gli stand delle aziende agricole ed ha ringraziato Coldiretti per le sue battaglie a difesa del cibo e delle eccellenze italiane.

Lo stand della Fattoria Fiori oggi a Roma

Il villaggio contadino è realizzato dalla Coldiretti per far toccare con mano la centralità e i primati dell’agricoltura italiana e conoscere le aziende agricole ed i loro prodotti. Si fa conoscere la biodiversità e la sostenibilità dell’agricoltura italiana, il modello basato sulla distintività e la qualità del Made in Italy agroalimentare, lo spirito imprenditoriale dei giovani agricoltori e le frontiere dell’innovazione.

Presentata oggi, in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione che si celebra il 16 ottobre, anche l’analisi della Coldiretti sull’inflazione media nei primi otto mesi dell’anno dell’Istat. Nella grande area del Circo Massimo è stata allestita inoltre la prima mostra dei pani d’Italia a rischio scomparsa con gli esemplari più rari provenienti dai forni di tutte le regioni tra i quali anche il Pan de Re, arrivato direttamente da Reggio Emilia.

Dal grano al pane il prezzo aumenta di oltre 17 volte tenuto conto che per fare un chilo di pane occorre circa un chilo di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di farina da impastare con l’acqua per ottenere un chilo di prodotto finito, con una forbice che non è mai stata così ampia. Un chilo di grano viene pagato oggi agli agricoltori circa 24 centesimi, il 32% in meno rispetto allo scorso anno, mentre la stessa quantità di pane viene venduta ai consumatori a prezzi che variano dai 3 ai 5 euro a seconda delle città, con un rincaro che arriva fino al +20%, secondo l’analisi Coldiretti su dati dell’Ismea e dell’Istat sull’inflazione media nei primi otto mesi del 2023 in confronto con lo stesso periodo del 2022.

Foto di gruppo di alcuni dei 300 reggiani presenti a Roma

L’incidenza del costo del grano sul prezzo del pane diventa sempre più marginale tanto da essere scesa ampiamente sotto il 10% in media, come dimostra anche l’estrema variabilità delle quotazioni al dettaglio lungo la Penisola mentre quelli del grano sono influenzati direttamente dalle quotazioni internazionali. Se a Milano una pagnotta da un chilo costa 4,33 euro, a Roma si viaggia sui 3,25 euro, a Bologna siamo a 5,14 euro, mentre a Palermo costa in media 4,14 euro al chilo, a Napoli 2,26 euro, secondo elaborazioni Coldiretti su dati dell’Osservatorio prezzi del Ministero dello Sviluppo economico ad agosto. Peraltro i prezzi al consumo – continua la Coldiretti – non sono mai calati negli ultimi anni nonostante la forte variabilità delle quotazioni del grano.

“Occorre ridurre la dipendenza dall’estero e lavorare da subito nell’ambito del Pnrr per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “serve anche investire per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità, contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento di risposta ai cambiamenti climatici”.