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Per il futuro della montagna un neo ripopolamento

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“Per tenere gli assetti territoriali del Paese dobbiamo ‘neopopolare’ la montagna: costruire nuove comunità, così come è avvenuto in passato; non solo nella montagna italiana”. Lo sostiene Fabio Renzi segretario generale Symbola, ospite a Radionova, intervistati dal giornalista Gabriele Arlotti, intervenuti al convegno che si è tenuto a Castelnovo, "Istituzioni, Comunità, Territori più green. La Montagna del latte in una prospettiva nazionale". Con lui anche Giampiero Lupatelli del Consorzio Caire e Gioacchino Garofoli, referente per il premio internazionale per lo sviluppo territoriale, presidente dell'associazione economisti in lingua neo Latina

Un incontro pubblico sul nuovo ruolo dei territori nelle sfide della crisi climatica, energetica, sociale, economica, promosso dall’ Unione Montana dei Comuni dell'Appennino Reggiano, il Comune di Castelnovo ne' Monti e Uncem, nell'ambito del progetto Italiae - Atelier di Sperimentazione sulle Green Communities, previsto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli Affari Regionali e le Autonomie. Interverranno, con il presidente Uncem Marco Bussone e il presidente della delegazione regionale Giovanni Battista Pasini; Fausto Giovanelli, presidente Parco Nazionale dell'Appennino Tosco Emiliano; Fabio Renzi, Segretario Generale Symbola, Giovanni Teneggi ConfCooperative; Elio Ilvo Sassi presidente dell'Unione Montana dell'Appennino Reggiano; Enrico Bini, sindaco Castelnovo ne' Monti e referente SNAI.

“La Montagna del latte è forse il progetto più importante nell' Appennino – sostiene Renzi - ha anche la capacità di mettere insieme la filiera locale e la filiera industriale. Noi per intervenire su quel 66% di territorio nazionale che è montagna abbiamo bisogno sì delle esperienze locali significative, dei resilienti, ma questi fattori non hanno la forza per cambiare le dinamiche della montagna italiana, che è appunto quella di una progressiva e ormai anche veloce evaporazione, restringimento delle comunità e rimpiccolirsi dei territori”.

“Bisogna cominciare a dimenticare una parola: crescita. Non bisogna chiedersi quanto ‘cresciamo’ ma cosa cosa ne facciamo del nostro Paese, dei nostri lavoratori, delle nostre risorse.  E’ quindi un problema di trasformazione. Bisogna parlare di sviluppo e di investimenti. E’ anche importante ricordarsi che con le risorse finanziarie non si fa nulla se non abbiamo idee, attori che condividono quella visione e che mettono le loro capacità, le loro competenze, le loro risorse per realizzare quegli investimenti”.

Ne è convinto Gioacchino Garofoli, presidente dell'associazione economisti in lingua neo Latina, un'associazione che esiste dai primi anni ‘80 e che ha lo scopo di far discutere tra di loro gli economisti di paesi di lingua neolatina che quindi non hanno bisogno di essere tradotti in inglese per conoscersi, quindi che spinge gli economisti a leggere gli economisti che usano francese, inglese, italiano e portoghese, perché riescono a intendersi perfettamente.

“Su questo territorio c'è il lavoro di qualità – sostiene Garofoli - perché c'è una filiera produttiva sul Parmigiano reggiano che mette assieme la produzione della montagna con la produzione a valle; l'alta produttività del lavoro del prodotto finito consente di distribuire i vantaggi di questo aumento di reddito anche alla montagna: c'è una redistribuzione e una cooperazione tra i territori. Questo è un primo passaggio. L'altra questione sono i servizi, i servizi pubblici di qualità l'attenzione ai servizi cuti al mantenimento dei servizi pubblici di qualità nonostante il peggioramento demografico, su questo c'è stata una grande, forse una grande capacità, credo che questo sia dall'altro.

“La gestione del processo di trasformazione dell'economia del territorio dipende da chi su quel territorio lavora, quindi c'è un problema di responsabilizzazione che comincia dalle imprese. Le imprese che sono socialmente responsabili  nei riguardi della Comunità territoriale. E pochi imprenditori lo hanno capito”

“La Montagna dell'Appennino emiliano, quello reggiano in particolare – spiega Giampiero Lupatelli del consorzio Caire - ha scelto questo nome dieci anni fa. Era il 2014, quando è stata riconosciuta come la prima area pilota per l'Emilia Romagna di un programma di una strategia nazionale per le Aree interne e lo ha interpretato comunque con la sua originalità, è un percorso singolare che ha avuto diversi riconoscimenti a livello nazionale. Per esempio, pur essendo la strategia nazionale per le Aree interne e la strategia nazionale per le Green community nate in due contesti diversi, anche in ambienti amministrativi diversi, questa area è stata scelta come area pilota per la strategia delle Green Community, proprio per il suo modo di aver interpretato la strategia nazionale per le Aree interne e il successo di mettere insieme attenzioni nell'investimento”.

Lupatelli sostiene che l’incontro che si è tenuto a Castelnovo “non è solo il riconoscimento dei traguardi raggiunti ma, soprattutto, esprime le esigenze e il tentativo di approfondire e capire le sfide con cui ci dobbiamo misurare, le prossime tappe a cui ci dobbiamo preparare.

 

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  1. Convengo anch’io sul concetto qui riportato, laddove si legge che “con le risorse finanziarie non si fa nulla se non abbiamo idee, attori che condividono quella visione …….”, e sembra che a questo riguardo vi sia chi, molto opportunamente, riconosce la meritata importanza alla filiera produttiva del Parmigiano Reggiano, con relativo indotto.

    A questo punto, se si reputa veramente che detto settore sia una risorsa su cui puntare per il futuro della nostra montagna – essendo questo l’oggetto del Convegno qui menzionato – occorre allora valorizzarlo insieme al ruolo di chi vi lavora, anche per invogliare e motivare i giovani a darvi quella continuità che sembra talvolta veni meno.

    Occorre avere nel contempo consapevolezza, io credo, che senza economia primaria rischia di andare in crisi pure la rete dei servizi, poiché si fatica a sostenerne i costi, e il sistema agro-caseario può dare un forte aiuto in tal senso, vista la sua vitalità, deducibile anche dall’articolo di ieri “ I formaggi italiani all’assalto del World Cheese Awards in Norvegia”

    Non riesco invece ad interpretare il significato di “dobbiamo ‘neopopolare’ la montagna: costruire nuove comunità”, se cioè si voglia stimolare i giovani montanari a restare nei nostri luoghi, o se si faccia piuttosto conto sulla eventualità che le “nuove leve” abbiano a venire da fuori dal momento che la montagna sembra non in grado di ripopolarsi da sola.

    P.B. 24.10.2023

    • Firma - P.B.