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La polveriera medio-orientale

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Gino Fontana

Continua il nostro 'viaggio' con Gino Fontana, esperto di politica estera e relazioni internazionali, per conoscere le ragioni della contrapposizione tra Israele e Palestina. Israele è in guerra dallo scorso 7 ottobre, quando il gruppo armato palestinese Hamas ha lanciato l’operazione "Alluvione al- Aqsa”.

Gino chi è coinvolto in questo conflitto?   
Premetto che è una questione estremamente complessa, è difficile sintetizzare in poche righe quali sono gli attori coinvolti e le loro posizioni. Questo conflitto, che al momento si limita ad un’area circoscritta, potrebbe innescare una guerra regionale, ma che avrà risonanza sicuramente a livello mondiale. Proverò dunque a riassumere.

Israele si sta preparando per lanciare una vasta operazione militare nella striscia di Gaza per sradicare completamente Hamas. Ma cos’è Hamas? Cerchiamo di capire chi è che governa in Palestina.

Partiamo dall’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), creata nel 1993 dopo gli accordi di Oslo, poi autoproclamatasi Stato di Palestina nel 2013. La Palestina è suddivisa in diverse aree geografiche, ma in ognuna di esse l’ANP ha un grado di influenza diverso.  Vi sono zone a pieno controllo palestinese, altre in cui l’ANP condivide il controllo con Israele, in particolare in materia di sicurezza, ed altre invece dove Israele ha la prevalenza. Questo come conseguenza degli accordi di Oslo 1 e Oslo 2, rispettivamente 1993 e 1995.

I principali partiti politici in Palestina sono Hamas e Al-Fatah. Hamas è movimento politico e militare islamico, fondato nel 1987 da alcuni membri palestinesi appartenenti all’organizzazione dei Fratelli Musulmani. Come abbiamo già spiegato nel precedente articolo, Hamas nasce come soggetto alternativo all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) dell’allora presidente Arafat, accusata di posizioni troppo deboli nei confronti di Israele. L’obiettivo dichiarato di Hamas, il cui acronimo significa “Movimento di Resistenza Islamica”, è proprio la distruzione di Israele e la costituzione di uno Stato Palestinese.

L’altro partito è Al-Fatah, altra organizzazione paramilitare membro dell’OLP. L’attuale Presidente dello Stato di Palestina, Mahmūd Abbās, meglio noto come Abu Mazen, è membro del partito Fatah. Agli inizi degli anni 2000, dopo un conflitto armato tra queste due fazioni politiche, Hamas è diventato il principale partito nella striscia di Gaza, trovandosi a governare un’area con circa 2 milioni di abitanti. Entrambi i partiti si considerano l’unico rappresentante della statualità palestinese.

E i rapporti con i vicini arabi?   
Hamas ha legami con diversi Paesi, per esempio con l’Iran. Quest’ultimo in particolare si rifiuta di riconoscere Israele, e fornisce supporto economico e militare ad Hamas, ma non solo. L’Iran finanzia anche Hezbollah, uno dei principali partiti libanesi islamici sciiti, dotato di un organizzato apparato militare. Hezbollah, che significa “Partito di Dio”, detiene forti legami anche in Siria.

Il Libano è un altro Paese che non riconosce Israele. Tornado a Hezbollah, il suo scopo principale è anch’esso l’annientamento dello Stato di Israele. Hezbollah, detiene un apparato militare meglio strutturato con capacità militari superiori rispetto ad Hamas. Tuttavia, di recente il leader di Hezbollah ha negato il proprio coinvolgimento e quello dell’Iran negli attacchi del 7 di ottobre.

Solo pochi Paesi arabi riconoscono Israele. L’Egitto per esempio, riconobbe Israele solo dopo gli accordi di Camp David del 1978.  Non dobbiamo dimenticare l’appartenenza dei fondatori di Hamas ai Fratelli Musulmani, organizzazione politica islamista nata appunto in Egitto. Il Cairo detiene ormai da anni intensi scambi commerciali con la striscia di Gaza. Per l’Egitto, la stabilità della striscia di Gaza, significa evitare possibili minacce alla sicurezza della penisola del Sinai. Le buone relazioni tra Israele e l’Egitto passano dalla stabilità o instabilità di Gaza.

La Giordania, altro Paese confinante, riconobbe Israele solo nel 1994.  Ormai da decenni, Amman, detiene stretti rapporti con l’Occidente, tuttavia, una possibile escalation del conflitto, sta rendendo insofferente buona parte della popolazione. Questo perché circa 2 milioni di giordani sono di origine palestinese. La naturale preoccupazione di Amman, oltre al crescente dissenso interno nei confronti di Israele, è il timore che il conflitto possa estendersi anche in Cisgiordania, oppure che la stessa Giordania venga presa di mira da attacchi missilistici in quanto vicina all’Occidente. Non a caso la Giordania ha richiamato il proprio ambasciatore in Israele.

L’Arabia Saudita. Questo conflitto mina i risultati ottenuti dagli accordi di Abramo, tra cui la normalizzazione dei rapporti tra Israele e Arabia Saudita. Come per Amman, Riyad teme che il conflitto tra Israele e Hamas possa coinvolgere tutto il Medio-Oriente. Inoltre, vi è il timore che dietro gli attacchi di Hamas, vi sia la responsabilità dell’Iran. Se così fosse, oltre al venir meno dell’intesa siglata tra l’Iran e l’Arabia Saudita grazie alla mediazione della Cina nel marzo scorso, vi sarebbe un problema riguardo la propria sicurezza nazionale. Ricordiamo che in Yemen, nel sud della penisola arabica, si sta ancora consumando una sanguinosa guerra civile, in cui la fazione sciita degli Houthi è finanziata dall’Iran. Sempre gli Houthi, si sono schierati a fianco di Hamas, dopo gli attacchi del 7 di ottobre.

A questa complicata situazione si aggiunge il Presidente turco Erdoğan, che di recente ha dichiarato il suo sostegno politico a Hamas. Erdoğan ha definito i miliziani di Hamas, liberatori che combattono per la propria terra, e non terroristi. Inoltre, Ankara è stata accusata di finanziare le attività di Hamas.

Un altro Paese non confinante con Israele, ma che lo riconosce, ed ha un ruolo con gli avvenimenti degli ultimi giorni è il Qatar. Il Qatar si trova in una posizione molto interessante: alleato degli Stati Uniti, ma allo stesso tempo finanziatore di Hamas e dei Fratelli Musulmani.

E fuori dal Medio-Oriente? 
La situazione si complica ancora di più. Abbiamo la Russia, che qualche settimana fa ha ospitato alcuni esponenti di Hamas. Piccola parentesi: una buona parte della popolazione israeliana parla russo, perché figli di ebrei russi emigrati dopo la dissoluzione dell’URSS. Inoltre, gran parte di questa fetta di popolazione simpatizza per la Russia, ed ha votato Netanyahu, che ricordiamo non ha aderito alle sanzioni internazionali contro la Russia dovute all’invasione dell’Ucraina. Tuttavia, per Mosca è diventato difficile, se non impossibile, mantenere il piede in due scarpe. È diventato impossibile mantenere allo stesso tempo relazioni con la Siria, l’Iran e Israele. Per Putin, l’avvicinamento ad Hamas, significa recuperare buoni rapporti con il mondo arabo in chiave anti-americana (vedi la guerra in Ucraina) e per forza di cose, anti-israeliana (vedi la forte influenza e presenza militare russa in Siria). Non a caso il presidente ucraino Zelensky ha subito chiesto rassicurazioni e garanzie agli Stati Uniti in merito al supporto militare. Infine ricordiamo che alcune aree critiche della Federazione Russa sono a prevalenza musulmana.

Oltre alla Russia dobbiamo tenere conto anche di Stati Uniti e Cina. 
Gli Stati Uniti, detengono un importante numero di basi militari in Medio-Oriente, vedi Iraq e Siria, inoltre dal punto di vista americano, Israele è considerato un alleato di vitale importanza nella regione. Dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre, Washington ha più volte intimato Netanyahu di rinviare un’operazione su vasta scala nella striscia di Gaza, in attesa di ulteriori rifornimenti militari a scopo difensivo, per evitare un possibile coinvolgimento di Hezbollah e Iran. Washington si è anche trovata a dover rispondere ad alcuni attacchi alle proprie basi militari in Siria e Iraq. Seppur di bassa intensità, gli Stati Uniti hanno risposto bombardando siti strategici in Siria, lanciando un messaggio diretto, di non innescare un conflitto Medio-Orientale di più larga portata. Biden, ha inoltre dichiarato che intensificherà la presenza militare americana nella regione. Negli ultimi giorni, il Segretario di Stato Blinken si è recato in Israele per favorire delle “pause armate”, al fine di consentire l’evacuazione dei civili per poi arrivare ad un cessate il fuoco. Israele, seppur non contrario alle “pause armate”, ha rifiutato un cessate il fuoco.
Come accennavo prima, la Cina ha giocato un ruolo importantissimo come mediatore nella normalizzazione dei rapporti tra Iran e Arabia Saudita, ottenendo un’importante vittoria diplomatica in una regione dominata dall’influenza americana. Tuttavia, dopo l’attacco di Hamas, Pechino ha tardato nel prendere una posizione ben chiara deludendo le aspettative di alcuni Paesi arabi. La competizione Usa-Cina passa anche dal Medio-Oriente.

E l’Europa?   
Storicamente l’Europa è sempre stata divisa in seno all’Assemblea delle Nazioni Unite, vedi le votazioni sulla recente risoluzione per l’adozione del cessate il fuoco. Ovviamente, le singole posizioni si sono evolute nel tempo. All’interno dell’UE abbiamo Paesi che storicamente hanno sostenuto la causa palestinese e altri Israele, questo per ragioni legate all’eredità dell’olocausto e all’antisemitismo all’interno delle proprie società. La Germania, per esempio, in cui la memoria dell’olocausto è ancora molto dolorosa, è sempre stata vicina alle posizioni di Israele. La Francia, la Spagna e l’Italia, per molti anni sono state più a favore delle posizioni palestinesi. Tuttavia vi sono state evoluzioni di queste posizioni. L’Italia si è spostata verso un punto più intermedio, come la Francia. Inoltre, la Francia è il Paese che in Europa detiene il maggior numero di musulmani e di ebrei. Per questa ragione, Parigi ha vietato le manifestazioni pro-Palestina, ma allo stesso tempo è riapparsa la Stella di David sui muri e portoni di molti edifici.

Concludo dicendo che Ursula Von Der Leyen dopo gli attacchi di Hamas, è corsa in Israele per solidarietà e sostenere il suo diritto all’autodifesa. Infine, l’UE ha lanciato un appello per una conferenza di pace da organizzare nei prossimi mesi a Madrid. Nessuno possiede la sfera di cristallo, ci auguriamo veramente che possa essere così.

1 COMMENT

  1. Stamani un conoscente col quale mi capita talora di dialogare, scambiandoci le rispettive opinioni su argomenti vari, anche di geopolitica, e che ha per solito idee abbastanza nette e precise, mi diceva che in questo caso non saprebbe con chi schierarsi, riguardo agli avvenimenti che da più di un mese stanno insanguinando e martoriando la Terra Santa, posizione la sua cui mi sono sentito di replicare che ad un politico non è invece concessa una tale “neutralità”, e agli statisti in particolare è richiesto di saper sempre per chi parteggiare, senza esitazioni e titubanze, il che, al tempo stesso, non significa affatto perdere di vista ed ignorare le eventuali ragioni dell’altra parte.

    P.B. 11.11.2023

    • Firma - P.B.