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Nella Giornata mondiale dei diritti dei bambini penso a Gaza

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Da un presiodio a Reggio Emilia del 18 novembre

Mentre noi celebriamo, tra tutti i confort, la “Giornata mondiale dei diritti dei bambini”, a Gaza (e dintorni) Israele continua a compiere uno sterminio impunito e addirittura giustificato dai media occidentali, in una narrazione mainstrem alquanto discutibile. Uno sterminio di bambini in primis, e di civili in generale. Al momento si contano, secondo AlJazeera, almeno 13.000 morti, di cui almeno 5.500 bambini e 3.500 donne (ma il numero non è aggiornato perché il sistema sanitario è al collasso e non si riescono più a calcolare i morti). Un massacro che ci arriva in diretta sui social tramite immagini e video trasmessi dai giornalisti indipendenti che ogni giorno rischiano la vita sul posto per testimoniare il genocidio in atto. Immagini talmente strazianti che spesso non ho neanche il coraggio di ripostare, e a volte neanche di guardare. 

Decine e decine di bambini morti, bambini a brandelli, con i volti sciolti dal calore delle bombe, bambini senza nomi o con i nomi scritti sul corpo, ultimo testamento, per essere almeno riconosciuti e ricordati da qualcuno che, forse, riuscirà a sopravvivere a questa barbarie. Bambini ricomposti e avvolti in lenzuola bianche, pure come la loro innocenza, macchiate dal rosso di rose tagliate troppo presto. Bambini e bambine belli, dolci, pieni di speranze e di sogni, proprio come i nostri, non quei bambini soldato che ci vogliono far credere per giustificare la loro uccisione - uccisione che comunque giustificabile non sarebbe - tutti i bambini sono bambini e come tali vanno protetti. 

Bambini a cui Israele ha strappato le radici, la linfa, ha tolto il respiro. Piccoli fagotti bianchi inondati dalle lacrime disperate di chi rimane, a cui rimane, forse, solo la consolazione dello Jannah, a cui rimane, forse, solo, ma almeno e per fortuna, la fede, perché senza neppure la fede sopportare quell’orrore indicibile, quell’inferno che stanno vivendo sulla terra ora, non sarebbe neanche minimamente immaginabile.

E poi bambini che riescono in qualche modo, ancora per un po’, a sopravvivere. Ma come? Mutilati, con schegge negli occhi e su tutto il corpo, con la pelle bruciata, grigi di macerie, tremanti di paura, perso il sorriso, senza più una casa, orfani, le famiglie completamente distrutte, cancellate, rase al suolo come le loro stesse case, con le cuciture delle ferite piene di vermi, al freddo, senza cibo e senza acqua, tra diarrea, epatite e infezioni che si stanno diffondendo, spostati da un ospedale all’altro perché non c’è un luogo sicuro. Da ora e per sempre feriti, traumatizzati e soli. 

Decine e decine, ogni giorno, decine e decine. Che fanno centinaia. Che fanno migliaia. In poco più di 40 giorni circa 6 mila (il triplo rispetto a quelli uccisi in Ucraina in oltre un anno di guerra: 1700 circa). Questo è quello che fa Israele. Israele, l’unica ‘democrazia’ occidentale in medio oriente. Israele che bombarda, con i soldi, le armi e l’appoggio degli Stati Uniti, le case private di cittadini qualunque, i campi dei rifugiati, le scuole sovraffollate, gli ospedali stracolmi, le strade e le zone che Israele stesso ha indicato come passaggi sicuri agli sfollati. Israele che massacra le famiglie dei giornalisti e poi stermina anche loro. Israele che stabilisce e blocca i confini, taglia le piante di ulivo, distrugge tutte le infrastrutture civili, emana ordini di evacuazione, cementifica le sorgenti d’acqua, blocca Internet e le comunicazioni, blocca il carburante e toglie l’energia, e poi blocca anche i convogli e gli aiuti umanitari. Israele che colpisce le ambulanze, ferisce i medici e gli infermieri, ferisce ulteriormente i già feriti. Israele che semina morte e distruzione. Alla ricerca di cosa? Alla ricerca di Hamas e degli ostaggi. Senza guardare in faccia niente e nessuno. Occhio per occhio, dente per dente. Dose triplicata. Un attacco terroristico il 7 di ottobre? Punizione collettiva. Quarantaquattro giorni di orrore, con brevi pause di una o poche ore per evacuare gli ospedali, per poi bombardare o mitragliare gli stessi evacuati in fuga disperata per le strade. 

Israele che travolge tutto sul suo cammino. Travolge con i carri armati esseri umani accasciati a terra per strada, immobilizzati, impauriti e feriti. Israele che bombarda senza sosta. Un uomo agonizzante sulla strada senza un braccio e metà gamba, sembra morto, poi muove a fatica la testa. Qualcuno grida, qualcuno lo riprende, ma l’ambulanza non lo soccorrerà. Per lui, come per tanti altri, non c’è speranza. In certe zone le ambulanze non arrivano più, non ce ne sono abbastanza, anche quelle sono state messe fuori gioco da Israele. 

Lacera il cuore essere testimoni di tutto questo in diretta. Una guerra lontana che sembra di vivere. Lacera il cuore la consapevolezza di essere del tutto impotenti, di non poter fermare il male. Perché questo è male assoluto. E non c’è nessuna giustificazione. Nessuna giustificazione. Nulla può giustificare la barbara uccisione di civili e feriti che scappano impauriti, disarmati e indifesi. Nulla giustifica l’irruzione in un ospedale pieno di pazienti in terapia intensiva e di bambini in incubatrici e l’ordine di evacuarlo in un’ora. A quale scopo? Allo scopo di cercare qualcuno in un improbabile sotterraneo, che forse poi mostrano ad hoc per la tv per convincerci che loro sono dalla parte del giusto, si stanno solo difendendo. Difendendosi da chi? Da bambini inermi? Da madri che ormai hanno versato tutte le loro lacrime? Da anziani e malati destinati a soccombere nella nuova Nakba? Da medici disperati perché non sanno più come aiutare i loro pazienti ma neanche per un attimo pensano di abbandonarli? Da uomini scossi dalla paura perché non sanno come difendersi né dove andare per far sì che almeno i loro figli siano risparmiati dal massacro?

E poi circolano video di Influencer israeliani che motteggiano e scherniscono le madri palestinesi con i loro bambini morti tra le braccia. Il video di un giornalista israeliano che dice: “Stiamo arrivando, a Gaza, in Libano, in Iran, ovunque. Non potete immaginarvi il massacro. Uccideremo tutti voi in massa e chi vi sostiene, arriveremo a distruggervi”. Il video di bambini israeliani che in un inno nazionale cantano: “Siamo i bambini della generazione della vittoria. L’autunno scende su Gaza. Gli aeroplani stanno bombardando, distruzione, distruzione. In un altro anno non ci sarà più niente qui e troneremo sicuri alle nostre case. In un anno annienteremo tutti. Mostreremo al mondo come oggi distruggiamo i nostri nemici”. Sionismo apocalittico e spietato. Indefinibili disumani. 

Se chi ha conosciuto un genocidio sulla propria pelle riesce a farlo subire a sangue freddo a un’altra popolazione, deridendola pure nella sua sofferenza, allora a cosa serve la storia?

Israele sta commettendo atroci crimini contro l’umanità. Sta contravvenendo al diritto internazionale umanitario, disobbedendo a tutte le leggi, come ha sottolineato più volte Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati. Human Rights Watch, Save the Children e Amnesty International hanno documentato gravi violazioni delle leggi di guerra. Diversi Paesi, tra cui la Turchia, chiedono che Netanyahu sia processato per crimini di guerra. In ogni parte del mondo migliaia di persone sono scese in piazza per chiedere il cessate il fuoco immediato e la pace. 

La tragedia umana che si sta consumando a Gaza nel vergognoso silenzio dei media occidentali, Italia al primo posto, deve finire. Il mondo chiede il cessate il fuoco, il mondo chiede che i diritti dei bambini vengano rispettati anche a Gaza, anche loro sono esseri umani, non sono animali né numeri. Anche i bambini palestinesi devono essere tutelati e protetti. Anche loro hanno diritto a una vita dignitosa.

Da un presiodio a Reggio Emilia del 18 novembre

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