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Savino Rabotti: “Il dialetto è un’enciclopedia del sapere e del vivere”

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Un vocabolario in dialetto, a disposizione dei cittadini: una delle straordinarie ‘imprese’ di Savino Rabotti, poeta dialettale, che ha dedicato anni di studio, ricerche e pubblicazioni nel tentativo di preservarlo e riuscire a salvare il maggior numero di vocaboli e di espressioni.

Negli ultimi anni l’interesse per il dialetto è cresciuto. Savino ne è consapevole ed è convinto che il vocabolario debba riprodurre la vita di un popolo, la sua cultura, i suoi valori. E’ l’enciclopedia di un popolo.

Il vocabolario redatto da Savino è parte del vocabolario pubblicato nel 2010, una versione “che riguarda soprattutto i paesi che sia affacciano alla sinistra del Tassobbio nella parte terminale della vallata e quelli del Rio Maillo, ma, interessa indirettamente tutto il baino del Tassobbio”.

L’intervista

Il Vocabolario dialettale della Valle del Tassobio on-line: Savino come è nata questa idea?

L'idea bolliva in pentola da parecchio tempo. Visto l'attuale interesse per i dialetti locali, ci sembrava utile mettere a disposizione degli interessati la raccolta di vocaboli più consistente, almeno fino ad ora, relativa al territorio in questione. Per di più ora che risulta esaurito il Vocabolario pubblicato tredici anni fa. Da molti siti Facebook c'è richiesta di parole, di regole per la scrittura, di testi che mostrano la bellezza di quella lingua. In conclusione si vuole tener vivo il dialetto.

Può essere che sia nostalgia?

Anche, ma non solo. Certamente nelle persone più mature ci sarà anche una venatura di nostalgia. Ma si sente anche l'esigenza di riscoprire un mondo con valori socio-culturali che oggi riscontriamo difficilmente. C'è la costatazione che ad interessarsi del dialetto, oggi, sono le persone acculturate. Proprio quel ceto che, in passato, ha favorito l'eliminazione del dialetto dalla parlata quotidiana.

Quanti parlano ancora in dialetto?

Purtroppo solo le persone che hanno superato i 50 anni. Ma vi sono poi i cultori del dialetto, coloro che si impegnano a mantenerlo in vita, pur con la consapevolezza che non sarà più come una volta.

Ma fra i giovanissimi?

Per loro assimilare il dialetto locale oggi diventa difficile. È una operazione quasi impossibile dovuta ad un mixage di gente di diversa provenienza, nazionale ed anche estera. L'ho sperimentato lo scorso anno scolastico proprio a Castelnovo, alle scuole medie. I ragazzi figli di gente del posto qualcosa capiscono ancora, specialmente se vivono in campagna ed hanno familiari che lo parlano. Poi ci sono i figli di immigrati italiani che hanno qualche reminiscenza del dialetto dei loro padri, ma in pratica sono isolati in casa. Per non parlare dei figli di coloro che arrivano dall'estero che, anche se nati in Italia, hanno più possibilità di essere bilingui, ma non potranno imparare il dialetto perché i loro genitori non lo hanno vissuto, e i compagni di classe non lo parlano. E se non lo si impara da piccoli dopo diventa arduo.

Quindi il dialetto è destinato a morire?

Direi di no. Forse a modificarsi, ad imbastardirsi, ma non a scomparire. Quello dei nonni, per fortuna, è già materia di studio, di approfondimento. Ci sono studenti che hanno preparato la loro tesi sul dialetto. Ci sono siti che curano la scrittura proponendo strumenti pratici come le grammatiche, altri siti che raccolgono testi scritti e anche audiovisivi per creare un fondo di ricerca. Ci sono gruppi che propongono commedie in dialetto per fare risaltare l'aspetto gioioso di quella parlata, e associazioni che organizzano concorsi di poesia per incentivare il dialetto e farlo gustare, cantautori che ne fanno un loro vanto. E ci sono molte pubblicazioni di testi e di ricerche. Insomma, si può ben sperare.

Allora il Vocabolario ha uno scopo preciso, mira alla conservazione di un patrimonio importante?

Certamente si. L'ho sperimentato in tante manifestazioni culturali. C'è il desiderio di riscoprire parole, espressioni, modi di dire, proverbi, preghierine, poesie e satire. Non sono psicologo, ma mi viene da pensare che si desideri ritornare a quello stato interiore che il dialetto permetteva e il mondo attuale non riesce più ad offrire. Risentire, dopo anni di dimenticanza, una parola, una frase, un motto ci fa stare meglio, come quando si incontra dopo tanto tempo un caro amico.

Ma un vocabolario può generare queste sensazioni?

Lo spero molto. L'impostazione del vocabolario mira proprio a questo. Nel lemma, quando è possibile, non compare solo la parola con relativa traduzione, ma ci sono significati diversi dal nome iniziale, che però esistono. È arricchito con l'etimologia per le parole più importanti (oggi molto cercata, anche se non abbiamo certezze assolute per tutte le parole), ci sono proverbi e altre informazioni che, credo, faciliteranno la comprensione senza annoiare troppo. Un esempio:

Gàt Sm 1. Gatto, micio. 2. Persona molto agile. 3. Amento, infiorescenza di noci, nocciole e simili. 4. Lanugine (del pioppo gattice). 5. Accumulo di polvere che prende forma di lana, frequente sotto il letto o sotto i mobili. Deriva dal latino tardo cattus, gatto. Dâr un ò-c al gàt e ûn a la padèla, = dare un occhio al gatto e uno alla padella (vigilare, sia per non farsi truffare, sia per eseguire bene un lavoro). A n’ dîr mai gàt se t’an l’ê int al sàch, = non dire mai gatto se non lo hai nel sacco. Non fare promesse se non si è sicuri di poterle mantenere. Gàt majmûn, = gatto mammone, gatto delle favole. Mignîn, = micetto. I vân d’acôrdi cme i cân e i gàt, = vanno d’accordo come cani e gatti (litigano sempre). Quând a mânca ’l gàt i tôp i bàli, = se manca il gatto i topi fanno festa. Lisâr al gàt pr’al vèrs dal pêl, = lisciare il gatto secondo il verso del pelo (comportarsi con diplomazia). Una credenza popolare dice che se strofini il pelo del gatto contro la piegatura e il pelame reagisce come se facesse scintille significa che sta per piovere. Insignâr ai gàt a rampâr, = insegnare ai gatti ad arrampicarsi (pretendere di insegnare a chi è già esperto in materia). Vìsta da gàt, = vista acuta.

Ma un lavoro simile quanto tempo ha richiesto?

Non penso sia computabile. Per uso personale avevo compilato delle Parole-Scheda. Ne avevo circa due scatole piene, qualche centinaio di fogli a forma appunto di schedario. Quando, sul finire del 1998, ad un incontro di scrittori a Reggio, Luigi Ferrari, (grande poeta ed autore di tre vocabolari del dialetto di Reggio e dintorni), uscì con questa battuta: "Voi montanari non avete nemmeno un vocabolario del vostro dialetto"! Come prima reazione pensai alle mie schede, ne parlai con alcune persone e mi misi subito all'opera. La mia parte, quella relativa alla Valle del Tassobio, ha richiesto dieci anni di lavoro impegnativo. Recentemente, durante il covid, ho poi ripreso in mano i fogli stampati allora e i files conservati sul PC e li ho ripassati tutti, correggendo alcune imprecisioni, aggiungendo parole che non comparivano nella prima versione. Il risultato è la versione attuale.

E come lo ha realizzato?

Leggendo molti testi in dialetto, intervistando persone anziane o che parlano ancora il dialetto, consultando una decina di vocabolari di altre zone, trascrivendo parole udite a caso, ritornando con la memoria alle parole udite da bambino. E quando ti ritorna in mente una parola, di incanto ne sgorgano tante altre, come quando trovi un fungo e, guardando meglio, scopri una fungaia.

Ma come è nata l'idea di pubblicarlo oggi sui social? 

L'edizione a stampa di tredici anni fa è da tempo esaurita e oggi non è pensabile una ristampa. Ma qualcuno lo cerca ancora. Lasciare che tutto il mio materiale finisse in discarica mi dispiaceva un bel po'. In casa poi c'è una mente che elabora in continuazione idee, e che pare trovi sempre l'occasione per proporre cose utili e piacevoli, come quella di metterlo a disposizione delle persone che ne sono interessate per qualunque motivo. La reazione ai primi tre pezzi è stata grandissima e positiva, per cui di tanto in tanto ne pubblicheremo ancora. C'è però un contrattempo: il testo inviato attraverso FB perde tutti i caratteri speciali, che aiutano a pronunciare meglio la parola. E in più un post su FB non tollera oltre 60.000 caratteri. Stiamo sperimentando (e sembra che funzioni) la possibilità di inviare tutto il vocabolario attraverso e-mail, sotto forma di allegato. Si tratta di un file mastodontico (600 pagine, 2 megabytes), ma sembra che funzioni bene e che mantenga intatta la grafica, coi caratteri speciali, il corsivo e il grassetto. Chi fosse interessato a questa possibilità può contattarmi (349-5274848 --- [email protected]) e vediamo cosa si può fare.

Savino, come reagirà la gente a questa iniziativa? Cosa pensa?

Penso molto positivamente. Come già detto l'interesse per il dialetto c'è, è serio, e le reazioni sono più che soddisfacenti. Ci vorrebbero tante occasioni per pubblicizzare di più il dialetto e dimostrare che la nostra vecchia parlata è una lingua vera e propria, che i suoi proverbi e modi di dire costituiscono una vera enciclopedia del sapere e del vivere. Noi ci stiamo provando.

 

1 COMMENT

  1. Mi riconosco anch’io nell’idea del dialetto quale “enciclopedia del sapere e del vivere”, nonché, mi permetterei di aggiungere, quale fattore di identità ed appartenenza, sentimenti ultimamente piuttosto mal visti, se non bistrattati, come nemici del multiculturalismo, al quale vengono erroneamente contrapposti, mentre potrebbero invece attenuare le eventuali diffidenze verso il secondo (a mio vedere almeno).

    P.B. 07.12.2023

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