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“Ogni cosa conta in Appennino, ma se crolla il ‘capitale umano’ non c’è futuro”

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Dopo la sua lettera/analisi sul "Declino che avanza in Appennino", che numerose reazioni e commenti ha suscitato sia nello spazio commenti del nostro sito che sulle nostre piattaforme social, il sociologo Giuseppe Bonacini interviene di nuovo sulla sua analisi.

Che riportiamo intergralmente.

"Le osservazioni ed i contributi degli interventi confermano la gravità della situazione.

Da sociologo mi occupo da alcuni decenni di demografia e sviluppo del nostro Appennino.

Nell’articolo pubblicato mi sono soffermato sulla demografia perché i dati sono estremamente preoccupanti, in particolare, quelli di Ventasso, Vetto e Villaminozzo. Tutto conta dalle infrastrutture all’agricoltura alla viabilità,... ma se crolla il “capitale umano” non c’è futuro!

In passati interventi e nel corso dei convegni che ho organizzato sul tema Appennino e demografia ho segnalato la necessità di infrastrutture e viabilità. Per non appesantire un articolo già complesso mi sono limitato a ciò che considero il tema di gran lunga prioritario ovvero la necessità di mantenere – anche con interventi eccezionali – la presenza dell’uomo nel crinale che, con questo andamento demografico irreversibile, è destinato in pochi decenni alla marginalità sul suo territorio.

Data la situazione, l’unica “terapia” realizzabile in tempi brevi è il decentramento sul territorio di alcuni enti regionali che la legge sulla montagna indica all’art. 14 per le ragioni che ho segnalato e, in particolare, per fungere da volano all’economia ed alla occupazione. Il lavoro, infatti, è lo strumento per radicare sul territorio popolazione e famiglie.

Non servono provvedimenti di immagine. Le risorse pubbliche vanno concentrate su ciò che genera lavoro compatibile con le risorse e l’ambiente. Osservo, per concludere, che la popolazione dell’Unione Montana era il 14% nel 1951 ed oggi è scesa al 6%. La demografia conta ed in politica, come è noto, contano i voti: la situazione richiede di concentrare gli sforzi su pochi essenziali aspetti per rianimare un paziente che sta davvero crollando.

Giuseppe Bonacini"

2 COMMENTS

  1. Convengo sull’idea che il lavoro sia lo strumento per radicare sul territorio popolazione e famiglie e il decentramento di alcuni Enti regionali può dare sicuramente un aiuto in detta direzione, ma non so fino a che punto, per una duplice ragione a mio vedere, la prima delle quali sta nel ricordare che lo spopolamento della montagna è andato avanti pure quando sul nostro territorio non mancavano gli Uffici decentrati, e poi non è detto che il personale agli stessi preposto prenderebbe residenza in montagna (da articolo di circa tre mesi fa, sempre su Redacon, abbiamo appreso che il personale operante nel distaccamento di un servizio pubblico risiede per il 70% fuori del territorio di competenza)

    Continuo poi a ritenere che il cosiddetto “terziario” sia una “spalla” molto importante, a fianco e corredo del sistema economico-produttivo, ma vedo nel secondo la strada per alimentare la “stanzialità”, contro lo spopolamento, talché andrebbero a mio avviso sostenute ed incentivate le attività che ne fanno parte, e lo strumento più diretto in tal senso a me pare essere, non da oggi, una significativa “detassazione” per chi intende qui continuare a “fare impresa”, come si usa dire, o vorrebbe provarvi, il che adesso si scontra con la scarsità di risorse pubbliche, ma se si fosse iniziato gradualmente qualche anno fa sarebbe forse stato, per gli interessati, un segnale incoraggiante a non desistere..

    P.B. 28.12.2023

    • Firma - P.B.
  2. Lavorando in Trentino con Enel ebbi l’occasione di apprendere una grande lezione di politica da parte del Presidente della Provincia; in un Convegno, alla presenza di Sindaci e cittadini disse queste parole: è nostro dovere aiutare chi ha poco, non chi ha tanto, solo aiutando chi ha poco salviamo il territorio.
    Questa frase mi è rimasta impressa nella mente e lo sarà per sempre; compresi che aiutando chi ha poco automaticamente si aiuta anche chi ha tanto; un concetto agli antipodi di ciò che ha fatto la nostra politica Reggiana/Parmense/Emiliana, ma temo che tanti montanari, nonostante la realtà, non lo capiranno mai.
    Sui nostri territori montani se abbiamo ancora qualcosa il merito è dell’imprenditoria locale, la politica non ha fatto nulla, non ha mai sostenuto ciò che serviva ai paesi del crinale; chi se ne frega se per andare in montagna ci sono ancora i guadi o se si viaggia su strade statali simili a “mulattiere”.
    E ora costoro ci vengono a parlare di lavoro, di servizi, di turismo, di sviluppo del territorio e tante belle parole, non vengono a dirci che pretenderanno le infrastrutture che servono.
    Immagino saranno orgogliosi dei loro risultati, lupi e cinghiali li ringrazieranno, ma almeno ci risparmiassero le belle parole, i bei discorsi, le promesse.
    Il Sociologo Giuseppe Bonaccini, che ringrazio, dice che il lavoro è lo strumento per radicare sul territorio popolazione e famiglie, ed è vero; un antico detto Romano diceva: se vuoi sviluppare un territorio portaci il lavoro, ma per portare lavoro in montagna servono le infrastrutture, e pensare che alcune di queste opere furono anche iniziate.

    • Firma - Lino Franzini