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Andare a veglia

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Andare a veglia

Andare a veglia con i ricordi più fragili sull’antica panca del focolare, dove il vecchio e il nuovo si guardano negli occhi del tempo, conversando con le persone più care nascoste al mondo terreno, ma che dimorano nelle parti più intime e profonde dell’anima.

 Andare a veglia nella cucina della casa dei nonni quando le lancette della grande sveglia segnavano il far della sera di un giorno novembrino, con le castagne sul fuoco che scoppiettavano calore umano e voci di vecchie novelle  incorniciate da sguardi puri che allietavano la vita di un bambino.

 Andare a veglia per ascoltare la vita vissuta di nonno Abramo, a cui non piaceva il mare, mentre io non l’avevo mai visto, toccare col cuore la nostalgia dei suoi racconti pieni d’amore per il suo paese. “Meglio la tramontana del vento di mare”, sosteneva fiero tra uno sbuffo di tabacco e un sorso di vino toscano.

Andare a veglia e sedere sulla panca di legno di castagno, gomito a gomito con i miei cuginetti, cercando di stare fermi il più possibile, mentre i “grandi” parlavano dei fatti del giorno e se le vicende da raccontare erano poche c’era sempre il sorriso degli occhi a riempire quei momenti meravigliosi.

(Alberto Bottazzi)