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Chi ha paura dei preti? Sacerdoti nel mirino della criminalità

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Don Maurizio Patriciello

Chi ha paura dei preti? Sacerdoti nel mirino della criminalità.

Le minacce subite negli ultimi giorni da alcuni sacerdoti sollevano una questione profonda, che va oltre il confine geografico. Questo atto non solo limita la libertà religiosa ma minaccia anche il tessuto sociale che unisce le comunità, mettendo in luce la necessità di solidarietà e azione collettiva. La Chiesa, infatti, gioca un ruolo cruciale nelle aree periferiche e interne, offrendo un punto di riferimento, di riflessione e di sostegno morale.

Sacerdoti sotto attacco

Il 24 febbraio, un gruppo di facinorosi ha tentato di impedire la partecipazione dei fedeli alla Messa a Caivano come denunciato da don Patriciello durante l'omelia, mentre nello stesso giorno, don Felice Palamara è stato vittima di un tentativo di avvelenamento, con candeggina mischiata al vino della comunione. Questi atti non sono isolati: il vescovo della Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, Attilio Nostro, ha ricevuto un bossolo di pistola, e don Francesco Pontoriero è stato minacciato di morte tramite una lettera accompagnata da una lama affilata e, in un episodio macabro, un gatto morto. A Francolise, in provincia di Caserta, l'auto del parroco brasiliano, don Marcos, è stata incendiata.

La Chiesa rappresenta un fulcro vitale per le zone di periferia, per le aree interne, anche per piccole comunità come le nostre, offrendo un luogo di ritrovo, di riflessione e di sostegno morale. La partecipazione a eventi religiosi va oltre la pratica spirituale, contribuendo significativamente alla coesione sociale e al benessere collettivo. In questo contesto, eventi simili a quelli di Caivano, di Caserta o di Vibo Valentia diventano estremamente pericolosi perché potrebbero minacciare il senso di comunità. Lì dove non arriva lo Stato se va via anche la Chiesa alle persone resta solo il malaffare.

Un fronte comune contro l'isolamento

"Don Patriciello è venuto più volte a Castelnovo a tenere lezioni sulla mafia e su come bisogna combatterla," ci racconta Robertino Ugolotti. Italia Viva Appennino Reggiano. "La trasformazione delle periferie da ghetti isolati in comunità vive, dotate di cultura, istruzione e spazi di socialità, è fondamentale per garantire a tutti la possibilità di vivere e frequentare ogni luogo con tranquillità e serenità. Questo sforzo da parte dei sacerdoti mira alla ricostruzione di un tessuto sociale in cui la legalità sia la norma, in un contesto in cui, purtroppo, spesso manca ed è nostro dovere non lasciarli soli."

"La situazione di località come Caivano, in Campania, e alcune zone della Calabria,  - continua Ugolotti - dove i sacerdoti subiscono intimidazioni nell'esercizio delle loro funzioni, evidenzia l'urgenza di un intervento strutturato che parta dalle giovani generazioni. I giovani, infatti, rappresentano il fulcro su cui costruire un futuro diverso per queste aree, caratterizzate da una forte presenza della criminalità organizzata. Offrire loro opportunità di lavoro e accesso all'istruzione significa fornire alternative concrete alla strada della delinquenza, incentivando scelte di vita legali e costruttive. Non esiste una soluzione unica o semplice per affrontare e risolvere queste problematiche, la strada da percorrere è complessa e richiede l'impegno di tutti: istituzioni, forze dell'ordine, comunità ecclesiastiche e cittadini. Il supporto ai sacerdoti, spesso in prima linea nella lotta contro la criminalità e quindi soggetti a pressioni e minacce, deve essere parte integrante di un'azione politica e sociale più ampia, volta a ristabilire legalità e sicurezza sul territorio."

4 COMMENTS

  1. Mi sbaglierò, ma temo che stiamo pagando lo scotto, o scontando le conseguenze, di lunghi anni in cui il permissivismo è stato molto di moda, declassando a semplici leggerezze, o “ragazzate”, comportamenti che andavano invece decisamente censurati e deplorati, vedi ad esempio, per stare nei paraggi di casa nostra, gli imbrattamenti di simboli religiosi, ossia atti di vandalismo che, se ben ricordo, videro reazioni abbastanza tiepide e flebili (mentre avrebbero meritato una riprovazione più ferma e risoluta, perlomeno a mio sommesso parere).

    Tutte le iniziative lodevolmente adottabili in favore dei giovani dovrebbero essere anticipate, o accompagnate, da un messaggio educativo volto a ripristinare il rispetto delle “autorità”, di cui un tempo il Parroco era indiscusso esponente, e al quale ci si rivolgeva per solito con molta deferenza, essendo egli figura di riferimento per la rispettiva comunità, e se oggi tale suo ruolo non è più riconosciuto come succedeva una volta, dovremmo interrogarci sulle ragioni che hanno condotto alla odierna situazione (insoddisfacente, se non preoccupante).

    Mi pare infatti che quanto attualmente ci amareggia sia l’esito di un persistente insieme di sottovalutazioni e noncuranze, di cui ora stiamo avvertendo i non entusiasmanti effetti – con più di un nodo ”venuto al pettine” – e vorremmo di fatto che altri vi mettessero rimedio, salvo poi eventualmente criticarli, il che mi dà l’impressione di scorgere in giro vaghe ed infruttuose “lacrime di coccodrillo”, perché se da un lato auspichiamo, com’è giusto e comprensibile, l’impegno delle forze dell’ordine, dall’altro non manchiamo semmai di contestarle

    Vi intravedo una certa qual contraddizione, che peraltro ritrovo anche nel constatare – almeno questa è la mia sensazione, ovviamente opinabile – che permane ancora una qualche accondiscendenza verso atteggiamenti non proprio impeccabili ed ineccepibili, quanto a rispetto della “autorità”, mentre cresce l’insofferenza e la voglia di tacitare libere espressioni del proprio pensiero, garantite dall’art. 21 della nostra Costituzione, paventando che possano configurarsi come forme di discriminazione, o di istigazione, dell’una o altra natura.

    P.B. 03.03.2024

    • Firma - P.B.
  2. Considerata la gravità del problema, faccio mie le giuste considerazioni del Sig. P.B. e ringrazio Italia Viva e Don Maurizio Patriciello per avere denunciato questo problema. E’ veramente un modo che va al contrario, come direbbe il Gen. Vannacci. Da anni non c’è più rispetto neppure per la Religione e per i suoi Ministri; abbiamo creato un mondo dove si da visibilità e spazio alla delinquenza e non si da visibilità ai portatori dei valori Cristiani, come sono i Parroci o gli incaricati dell’ordine pubblico. Distruggere Croci e Crocifissi, imbrattare le Chiese, monumenti, minacciare i sacerdoti o gli insegnanti, fare violenza alle donne, fare atti di bullismo contro chiunque o fare manifestazioni non autorizzate, passa in secondo piano, mentre se alcuni funzionari delle forze dell’ordine usano la forza per respingere dei manifestanti irregolari, per giorni e giorni vengono condannati su tutti i mass media, senza aspettare il decorso delle indagini; viceversa se le forze dell’ordine vengono massacrate, se ne parla per pochi secondi. Purtroppo la colpa è solo nostra e della politica del “Buonismo all’italiana”, che tutto tollera per avere consensi elettorali. Non siamo stati capaci di tramandare ai giovani i valori che i nostri Padri hanno insegnato a noi, compreso il rispetto per i Parroci e per la Chiesa, ai miei tempi se avessi detto una parola storta nei confronti del parroco, mio Padre, pur non frequentando la chiesa, mi avrebbe riempito di botte, lo stesso se avessi mancato di rispetto ad un insegnante, ora tanti genitori fanno le crociate contro gli insegnanti che, a detta dei loro figli sbagliano, senza prima andare a parlare con questi insegnanti. Purtroppo temo che il peggio deve ancora venire, non siamo neppure più in grado di difendere i nostri Valori Cristiani, chi vivrà ne vedrà delle belle, ma ne pagheranno le conseguenze

    • Firma - Franzini Lino
  3. Premesso che qui parliamo di azioni intimidatorie da parte della criminalità organizzata, e di conseguenza a mio avviso poco o nulla c’entra il “permissivismo”, le politiche educative dei giovani andrebbero secondo me orientate, più che al rispetto dell’autorità, al rispetto del prossimo. Una azione intimidatoria, o violenta, rivolta ad un operaio o ad un immigrato, difatti, non è a mio parere configurabile come meno grave di una rivolta ad un prete.
    Riguardo infine la voglia di tacitare libere espressioni del proprio pensiero, garantite dall’art. 21 della nostra Costituzione, sono assolutamente d’accordo con lei: le manganellate agli studenti a Pisa sono state un episodio a dir poco deplorevole, come anche sottolineato dal Presidente della Repubblica.
    Cordiali saluti.

    • Firma - Andrea
  4. Riguardo al commento di Andrea, segnatamente la sua seconda parte, forse io avrei anche potuto spiegarmi meglio, e mi spiace di non averlo fatto, ma a me pare comunque che l’art. 21 della nostra Costituzione, laddove parla di libera manifestazione del proprio pensiero “con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, non si riferisca allo scendere in piazza, iniziativa regolata, io credo, dall’art. 17 della Carta, specificamente il suo terzo comma.

    Non escludo che questa mia interpretazione dei dispositivi costituzionali possa essere errata, ma in ogni caso, quali libere espressioni del proprio pensiero, io intendevo quelle più convenzionali, ossia conseguite tramite un discorso, un articolo o un libro, cui affidare le proprie opinioni sull’una o altra tematica (e quando le tematiche sono controverse generano non di rado diatribe e polemiche, come sta succedendo con un libro tuttora molto dibattuto).

    Circa poi le “autorità”, non si tratta di riconoscere loro privilegi particolari, ma mi sembrerebbe in ogni caso sbagliato sminuirne il ruolo, posto che l’organizzazione delle nostre comunità ruota non di rado intorno a determinate figure, cui affidiamo la “responsabilità” di assumere decisioni a valenza sociale, non sempre facili, e proprio in ragione di tale specificità chi reggeva le nostre Parrocchie è stato a lungo guardato con grande rispetto.

    A loro volta, i rintocchi delle campane hanno sempre avuto anche un forte significato simbolico, in una con quello di natura pratica, senza dimenticare che il sagrato della chiesa, quale luogo consacrato, offriva un tempo diritto d’asilo, e forse la memoria di queste “importanze” ha ulteriormente contribuito a mantenere alto il livello di detto rispetto, almeno fino a quando si è ritenuto di lasciarci alle spalle passati costumi e modelli, ritenuti ormai obsoleti e superati.

    P.B. 04.03.2024

    • Firma - P.B.