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Fulmini e poesia

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Fulmini e poesia

Quando, durante un temporale notturno, il lampo attraversa il cielo,  per un brevissimo momento la visione di ciò che è nascosto nel buio della notte si fa nitida e lucente, come se un enorme occhio svelasse, nei più minuscoli dettagli, un mondo che prima ci era precluso. È esattamente quello che descrive Giovanni Pascoli (1855-1912) nei versi de Il lampo:

Il lampo 

E cielo e terra si mostrò qual era:

la terra ansante, livida, in sussulto;

il cielo ingombro, tragico, disfatto:

bianca bianca nel tacito tumulto

una casa apparì sparì d’un tratto;

come un occhio, che, largo, esterrefatto,

s’aprì si chiuse, nella notte nera.

Giovanni Pascoli

Tra i sussulti della terra scossa dal temporale e il cielo scuro, un amalgama di nubi scomposte, lo splendore del lampo rivela, con un bagliore tanto improvviso quanto inaspettato, una casa bianchissima nella luce. È come l'aprirsi e l'altrettanto veloce chiudersi di un occhio potente, rivelatore di dettagli di vita usuali, ma resi maestosi dalla luce che li assale. È una luce che pare darci il potere di vedere il mondo in modo diverso, di osservare aspetti di vita che non avevamo ancora scoperto, come se l'occhio luminoso del lampo fosse una sorta di fuoco di Prometeo che mette fine all'ignoranza umana.

Anche in una poesia di Emily Dickinson (1830-1886) il temporale assale la terra con forza quasi divina;

The wind begun to rock the grass, 1864

The Wind begun to rock the Grass
With threatening Tunes and low --
He threw a Menace at the Earth --
A Menace at the Sky.

The Leaves unhooked themselves from Trees --
And started all abroad
The Dust did scoop itself like Hands
And threw away the Road.

The Wagons quickened on the Streets
The Thunder hurried slow --
The Lightning showed a Yellow Beak
And then a livid Claw.

The Birds put up the Bars to Nests --
The Cattle fled to Barns --
There came one drop of Giant Rain
And then as if the Hands

That held the Dams had parted hold
The Waters Wrecked the Sky,
But overlooked my Father's House --
Just quartering a Tree --

Il vento ha iniziato a scuotere l'erba

Il vento ha iniziato a scuotere l'erba

Con minacciose basse melodie, —

Ha scagliato una minaccia alla terra,

Una minaccia al cielo.

Le foglie si sono sganciate dagli alberi

Spandendosi ovunque

La polvere si è raccolta a manciate come fosse mani

Scagliando via la strada. 

I carri si sono affrettati per le vie,

Il tuono si è sbrigato lento –

l lampo ha mostrato un becco giallo

E poi un artiglio livido.

Gli uccelli hanno serrato i nidi –

Il bestiame è fuggito nelle stalle –

Arrivò una goccia di gigantesca pioggia

E poi, come se le mani

Che tenevano le Dighe avessero allentato la presa,

Le Acque hanno fatto Naufragare il Cielo,

Ma hanno ignorato la Casa di mio Padre 

Squarciando solo un Albero.

È apparentemente la scena familiare dell'arrivo di un temporale, con la personalizzazione, anche questa familiare, della natura: il vento minaccia, scaglia, il tuono si sbriga, gli uccelli chiudono a chiave i nidi. Ma la lingua di Dickinson rompe talmente gli schemi da rendere nuove e originali immagini abituali e quasi scontate. Così riusciamo a figurarci scene insolite, come se le vedessimo attraverso l'occhio potente di Pascoli. 

Il verbo begun nel primo verso è al participio passato: sarà a causa dello spelling spesso impreciso della poetessa o la forma è voluta, a richiamare una struttura verbale, il Present Perfect, che sposta l'azione in avanti, figurandola come se stesse accadendo adesso, sotto i nostri occhi? Nel secondo verso Dickinson usa qualcosa di simile alla figura dell'endiade, l'uso di due parole coordinate per esprimere un solo concetto, insolita nella lingua inglese: mettendo low dopo la congiunzione e alla fine del verso gli attribuisce una posizione preminente, così che siamo obbligati a soffermarci sul termine, ovvero sul basso rumoreggiare del vento.

Le foglie che si sganciano sembrano avere una volontà propria, mentre, addirittura, la polvere si fa mani che raccolgono, come stessero usando un cucchiaio, la polvere stessa che così getta lontano la strada fatta, appunto, di polvere. Il tuono, poi, si affretta lento, a sottolineare, grazie all'ossimoro, che per quanto tutto stia avvenendo con velocità travolgente, il suono è comunque più lento della luce. E questo lampo è una forza animale, un uccello da preda con becco e artiglio. Gli animali spaventati cercano rifugio,  ed ecco che arriva una goccia, quell'unica goccia grossa, pesante precursore delle acque che si scateneranno. L'immagine delle acque è prefigurata dalla parola giant che non è attributo della goccia, come ci aspetteremmo, ma della pioggia, perché sarà questa ad attaccarci con forza poderosa. Altrettanto gigantesche ci figuriamo le mani che lasciano andare l'acqua delle dighe, acqua in tale quantità da far naufragare il cielo. Ma queste stesse acque hanno risparmiato la casa del padre della poetessa, sfogandosi su un albero.

Emily Dickinson (a sinistra)

Questi ultimi versi riportano la scena ad un ambiente familiare,  a quella casa preziosa per Dickinson, così preziosa da non allontanarsene per più di due decenni. Quello che colpisce è che la poetessa sottolinei spesso, non solo in questi versi, il fatto che l'abitazione appartenga al padre, a rimarcare la consapevolezza della posizione della donna nella società del suo tempo. Chissà come si sarà sentita, col suo dono prorompente per la poesia, l'abilità unica nell’intrecciare parole, a dover nascondere la dote che farà di lei una dei maggiori poeti (non voglio usare il termine ‘poetesse’ perché sarebbe riduttivo) nella lingua inglese? Probabilmente sentiva dentro di sé questa forza potente, travolgente come un acquazzone che rompe le dighe, come un vento che scuote erba e foglie e minaccia cielo e terra, spietata come un uccello da preda, come l'occhio di Pascoli che rivela ciò che era nascosto. E tenne tutto questo chiuso nella casa di suo padre che aveva una pessima opinione delle donne che scrivevano, ben sapendo che il suo dono aveva la forza del lampo che squarcia gli alberi: chissà se avrà mai immaginato che dopo la sua morte le dighe dell'ignoranza patriarcale si sarebbero rotte liberando il bagliore del suo fuoco.