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In occasione del Dantedì: “Un girtin par l’Inferen” presentato al Centro Laudato Si’

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Int la metā ‘d la véta a’m sûn catā
int un bôsch féss e nîgr’e minaciûs,
che e giúst sintēr j’îva bandunā.”

Questi sono i versi che danno inizio al libro “Un girtîn par l’infēren” di Maria Teresa Pantani. Si tratta dell’opera maggiore dell’autrice carpinetana, pubblicata nel 2012, che consiste nella traduzione in dialetto montanaro di alcuni canti dell’Inferno dantesco. Il volume è arricchito dalle tavole del compianto Nani Tedeschi e contiene un CD in cui l’autrice e il prefatore (Eolo Biagini) recitano in dialetto i canti pubblicati. L’opera sarà presentata al Centro Laudato Sìl’Eremo di Bismantova sabato 23 marzo alle 15,30, in occasione della ricorrenza del Dantedì (25 marzo – presunta data di nascita di Dante) con un dialogo tra l’autrice e la professoressa Clementina Santi. L’evento si realizza grazie a una collaborazione tra Parco Nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, Associazione Scrittori Reggiani e Gruppo Storico Folkloristico il Melograno, che gestisce il luogo di cultura situato sotto la maestosa rupe citata nella Divina Commedia, che ne ha ispirato la magnifica descrizione della montagna del Purgatorio.

Il Dantedì è stato istituito per onorare la memoria del Sommo Poeta e per promuovere la sua eredità culturale, incoraggiando la lettura e lo studio della sua opera e riconoscendo il suo impatto duraturo sulla cultura e sulla società. Ed è proprio la memoria di Dante Alighieri che viene celebrata per promuoverne l’eredità culturale attraverso la promozione della lettura e dello studio di Inferno, Purgatorio e Paradiso.In questa giornata è al centro il Sommo Poeta per il suo il suo contributo alla letteratura e alla cultura italiana e mondiale attraverso la sua opera più famosa, "La Divina Commedia". L’opera è universalmente riconosciuta come uno dei capolavori della letteratura mondiale e pilastro della cultura italiana. Con l’Inferno, Purgatorio e Paradiso il dialetto toscano ha senza dubbio dato l’impronta determinante alla lingua italiana moderna. La trattazione attraverso i versi di temi quali la giustizia, la morale, la politica e la teologia ha permesso all’Alighieri di esplorare il suo tempo con una chiave del tutto innovativa rispetto al passato e questo ha senza dubbio influenzato il pensiero filosofico e religioso del suo tempo.

“Un girtin par l’inferen” si rivolge a coloro che coltivano il piacere di dilettarsi col dialetto. Deriva da un lavoro pluriennale portato avanti da Maria Teresa Pantani nell’ambito del dialetto reggiano e montanaro, in particolare di Valestra e Carpineti.

Il volume trova il suo centro nell’amore dell’autrice per la letteratura scritta, parlata e raccontata, nell’esperienza di teatro amatoriale e nelle letture pubbliche degli scritti di autorevoli poeti e narratori: così l’autrice esprime la genesi del volume; e prosegue raccontando un episodio significativo. “Un giorno mi viene chiesto di cimentarmi nella lettura pubblica del V canto del Purgatorio tradotto in reggiano da Franco Verona; ed io, che amo Dante e la sua Divina Commedia, che amo il dialetto almeno quanto la poesia, vedo aprirsi un orizzonte di spazio di creatività e di approfondimento in cui la penna, i pensieri, le idee e le parole possono volare. Mi sembra allora che Dante sia lì, e mi vedo dargli di spalla e fargli l’occhiolino…”

Con “Un girtîn par l’infēren” Maria Teresa Pantani vuole mettere l’accento sul dialetto che ha accompagnato la sua infanzia e la sua adolescenza. Pur non avendolo parlato in prima persona ha vissuto da esso permeata perché lo parlavano genitori, nonni, parenti e vicini.

La scrittrice riferisce: “Solo di recente ho riscoperto il gusto di una lingua ricca di significati, immediata e genuina, sarcastica e irriverente che viene dal cuore e dalla vita vissuta come assegnazione del destino. Ho iniziato a interessarmi a questa lingua ricca di odori, sapori, umori; che dice tanto con poche parole scelte. A volte ne basta una per esprimere molti concetti, per implicare tanto più di quanto viene effettivamente espresso. Si tratta di un idioma che usa termini propri che non trovano un corrispettivo nella lingua italiana”.

Le motivazioni per le quali Maria Teresa Pantani ha scelto di tradurre l’Inferno trovano concretezza nel fatto che si tratta della cantica più nota e per certi versi più avvincente, dell’opera dantesca. È quella che narra di cronache luttuose, fatti di sangue, orrori di ogni sorta: temi che attraggono da sempre i lettori.

Maria Teresa Pantani nasce nel 1962 nella frazione di Valestra di Carpineti (RE). La vita professionale l’ha vista caposala nell’ospedale di Scandiano per diversi anni. Si laurea in Scienze della Comunicazione. Produce una tesi dal titolo Attraverso la cultura popolare e letteraria del dialetto reggiano: toni, generi, forme.

Ora si occupa di formazione presso l’Ausl di Reggio Emilia. È una delle più importanti promotrici del dialetto reggiano, non solo in forma di poesia. Nel 2012 pubblica Scrivere in dialetto, scrivere il dialetto, all’interno della collana “I Quaderni” dell’Associazione Scrittori Reggiani. È autrice di poesie e commedie dialettali; ha recitato in diverse compagnie dialettali del territorio reggiano, quali: I meltajê di Casalgrande, I fulàt di Mûnt di Carpineti, La calernese di Calerno. Importante è pure la sua attività di organizzatrice di eventi per la promozione del dialetto, come lo spettacolo “Il Dialetto per diletto” e la  rassegna-concorso Voci di Terra Reggiana, organizzato dall’Associazione Scrittori Reggiani in collaborazione con  il circolo ANSPI di Pratissolo. Maria Teresa Pantani continua una tradizione che vede nell’area carpinetana uno dei centri più significativi di produzione poetica, avviata da Giuseppe Amorotti e proseguita da Eolo Biagini e, ora, rappresentata dalla Pantani stessa.