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Levitico. Elda racconta: Mose’ e i dodici esploratori

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Levitico. Elda racconta: Mose’ e i dodici esploratori

Il nome greco di questo libro indica ciò riguardava i sacerdoti che appartenevano alla tribù di Levi e contiene le prescrizioni che regolavano il culto dell’Unico Dio da parte del popolo eletto.

(Il rituale dei sacrifici, il cerimoniale dell’investitura sacerdotale, le regole sulla purità e impurità, il grande giorno dell’espiazione, il calendario liturgico e le benedizioni o le maledizioni a secondo dei meriti).

Io sinceramente preferisco tralasciare tutto questo “ambaradan” e andare avanti, la lettura è molto difficile e faticosa.

Poi ci penserà Gesù con la potenza liberatrice del vangelo a mettere tutto nella giusta dimensione, cioè la vera religione impostata sulla “giustizia e l’amore” che sono i componenti della vera religione.

Perciò tralascio di spiegarvi tutti i sacrifici di animali e i rituali che si dovevano fare e tutto sto fuoco e sto sangue di cui si parla.

Ora vi racconto però la parte che più mi ha colpito e diciamolo pure anche ferito:

CAPITOLO 12 DEL LEVITICO:

Quando una donna darà alla luce un maschio, sarà immonda per sette giorni, l’ottavo si circonciderà il bambino, poi essa resterà a purificarsi per 33 giorni.

Se invece mette al mondo una femmina, resterà immonda per due settimane, poi resterà a purificarsi del suo sangue per 66 giorni.

Lascio a voi il compito di riflettere su questa cosa.

Ricordo che questa purificazione in modo diverso, ma avveniva anche quando io ero bambina, ricordo queste donne che quando avevano partorito dovevano “fas tirar in cesa” se poi penso che anche la Madonna ha dovuto farlo!  Mi viene proprio da dire che questi “leviti”, non sapevano che mettere al mondo un figlio, sia che fosse maschio o femmina è la cosa più bella e santa di questo mondo. Certamente ho capito benissimo che loro cercavano di unire l’igiene che esiste ancora ai nostri tempi, alla religione di allora, altrimenti come facevano a salvare da certe malattie quella moltitudine di persone, ancora senza istruzione. Ma poi lasciatemelo dire che differenza c’era fra maschio e femmina? Non venivano messi al mondo allo stesso modo? Lasciamo perdere troppo complicato per la mia testa non ho studiato teologia e adesso capisco benissimo perché mia madre si era fermata prima. Andiamo pure avanti e se qualcuno vuole farmi qualche osservazione sia il benvenuto.

La stessa cosa poi succedeva se uno veniva colpito dalla lebbra, e qui mi è più facile capirlo, era cacciato dall’accampamento e se incontrava qualcuno doveva urlare “immondo, immondo”.

Come della lebbra in questo capitolo si parla di altre malattie, si la vita non era resa molto facile alle persone con tutte queste regole.

Ora però torniamo a Mosè (molto meglio) che vestì Aronne con bellissimi paramenti e anche i quattro figli di lui che dovevano aiutarlo. Praticamente erano come i nostri sacerdoti quando devono dire la messa.

Poi Mosè alzò il Tabernacolo e finalmente la nuvola scese e la gloria del Signore riempì questo Tabernacolo e fece una gran luce, senza che si accendessero i ceri, in questo modo Dio dimostrò che quella era la Sua casa.

Per tutto quel tempo gli Israeliti rimasero fermi sotto il Sinai, ma dopo che il tabernacolo fu finito, la nuvola si mosse, allora i sacerdoti suonarono le trombe d’argento e il popolo ripiegò le tende e raccolse tutte le proprie cose e le caricarono sugli asini e i cammelli.

I sacerdoti coprirono l’Arca con la cortina e la trasportavano loro stessi, mentre Dio sopra la nuvola indicava loro il cammino.

Gli Israeliti erano finalmente giunti vicino al paese di Canaan e andarono da Mosè per chiedergli se potevano mandare qualche esploratore.

Lui rivolse la domanda a Dio che rispose:

“Manda 12 uomini a vedere il paese di Canaan, che vedano e sappiano dire che popolo ci abita”.

Quei dodici uomini girarono nel piano, sui monti e arrivarono fino al mare. Videro bellissimi giardini, prati con pecore che pascolavano, campi pieni di grano, alberi carichi di frutti, le api coi loro alveari sugli alberi e da questi colava il miele, videro grandi città circondate da mura e uomini forti e giganti.

Giunsero vicino a un torrente dove cresceva una vite, l’uva era matura, presero un grappolo grossissimo, era così grande che lo legarono vicino a una stanga e lo portarono in due.

Gli esploratori restarono fuori per 40 giorni, poi raccontarono di questo bel paese ove scorreva latte e miele, ma dicevano anche che era difficile conquistarlo, loro, davanti a quei giganti sembravano delle cavallette.

I figli d’Israele si avvilirono e piansero, ma Giosuè e Caleb dissero al popolo.

“Abbiamo veduto il paese ed è ottimo, se confidiamo nel Signore Egli ci aiuterà a vincere, quel popolo là non ha l’aiuto di Dio, perciò non dobbiamo avere paura”.

Gli Israeliti volevano lapidare Giosuè e Caleb, per ciò che avevano detto, ma la Gloria del Signore uscì dal tabernacolo e loro capirono di avere sbagliato un’altra volta.

Lui disse a Mosè:

“Questo popolo mi fa disperare, lo punirò con la morte”.

Allora Mosè pregò ancora Dio di perdonare quegli ingiusti.

“Li perdono, non li farò morire, ma non entreranno in Canaan, vi entreranno solo i loro figlioli, resteranno ancora quarant’anni nel deserto e vi moriranno. Di tutti questi solo due entreranno nella terra promessa, Giosuè e Caleb.

I figli d’Israele vissero per parecchi anni nel deserto e quando non trovavano acqua mormoravano verso Mosè ed Aronne allora Dio disse a loro due, di parlare alla roccia, ma loro due presi dalla collera, percossero il sasso che buttò acqua in quantità.

Dio però parlò a Mosè:

“Vi avevo detto, parlate al sasso, e lo avete percosso, sono adirato con voi perciò non entrerete in Canaan morirete nel deserto”.

Mosè lo pregò, ma non fu ascoltato, poi venne il tempo che suo fratello Aronne, doveva morire, allora Mosè e il figlio maggiore di questo, lo accompagnarono sul monte che Dio aveva indicato loro,  Mosè tolse le vesti ad Aronne e con quelle rivestì il figlio di lui, che poi doveva farne le veci e Aronne morì.

Arrivò anche il tempo che Mosè doveva morire, mentre lui era nel deserto aveva scritto molti libri.

Iddio ispirava la sua mente anche su ciò che era accaduto prima che lui nascesse da Adamo e Eva a Caino e Abele, Noè, Abramo, Isacco, Giacobbe e il buon Giuseppe.

Quando Mosè ebbe finito di scrivere chiamò i sacerdoti e glieli consegnò, ingiungendo di averne molta cura, lui sapeva che sarebbe morto e chiese a Dio di affidare il suo popolo a un altro condottiero.

Iddio aveva già scelto Giosuè, allora Mosè lo chiamò e gli disse:

“Iddio ti farà condurre il popolo d’Israele a Canaan, sii forte, perché avrai da combattere, ma non temere perché Lui ti aiuterà”.

Poi radunò il suo popolo e disse:

“Io non entrerò in Canaan, perché ho offeso Dio, ma Giosuè vi ci condurrà. Ricordatevi di ubbidire a Dio e di amarlo, Egli vi aiuterà sempre”.

Iddio poi disse a Mosè:

“Sali sul Monte, non voglio che tu entri in Canaan, ma ti farò vedere quel bel paese dalla cima del Monte”

Quando Mosè ebbe visto, quel bel paese che aveva sempre sognato, morì… “solo come un cane” non aveva vicino a lui nessuno che gli chiudesse gli occhi.     Elda Zannini

***

IN DIALETTO

Ste lébre al riguarda i pret ed cul temp là cun teùti al regulasiun ed la religiùn d’alura vers Dèo cl’era eun sultant.

Ste reguli po’peù chi atre al parlévne di cerimunial per far di pret, al leùnàri  al bendisiùn e al maldisiùn.

Lasèma star ste ambaradam agh pensarà po’ Geseù Crést a rmetre teùt a post.

Lasèma peor star teùcc sti sacrifési ed besti,  ste feògh e ste sangue c’as cunta, però in poss mèa pasàr suvre a ste capétle.

AL 12 DAL LEVITICO

Quand na dòna la metrà al mònd eùn masc, l’as sentirà spòrca per sett dè, quel ed iott as circunciderà al ragasèt po’ ste dòna l’as duvrà purificàr per 33 dè.

Ascultè ben, perché se inveci d’un masc la metiva al mond na fémna l’as sentirà spòrca per deù stmani po’ per purificas l’agh metrà 66 dè

Pensegh mo seù vuatre cumi iò fat me.

Me i m’arcòrd che sta purificasiùn, in t’un mod divers l’as fèva ancòra quand me ièra na ragasèta i m’arcod ste dòni chi quand agl’iaivne parturì as duvivne far (tiràr in cesa) dal pret se po’ i pens chi anch la Madòna la duvù fal  am ven la pèla d’oca.

Alura sti Leviti in capivne propi mea tant, in saivne méa chi metre al mond un fieòl, u masc u femna l’è la cosa peù bela e peù santa dal mònd, anch se i capéss c’aglierne regoli pr’an ciapàr mèa dal malatèi in capéss méa cusa a gh’entreva la religiùn

La stesa cosa po’i la fevne anch quand eun al sa maléva cun la lebra e che a m’è peù facile capil, i la mandévne feòra da l’acampament e quand a vdiva qualchideùn in luntanansa al duviva sbraiàr “immondo, immondo”.

Po’ in ste capétle as parla cumi ed la lebra anch d’atre malatèi, sè dsema chi la vèta la n’era méa tant facile cun teùti stel legg.

Adesa rturnèma a Musè cl’ha vestì Aronne cun di bei parament e anch i seò quater fieò chi duvivne aiutal, praticament imparivne i nostre pret quand is vestesne per dir la mèsa. Po’ Musè la alsà al Tabernacle e la neuvla la gh’è andada dentre e al Tabernacle l’ha fat na gran leùs, sensa ca s’apièsa dal candeli, avriva dir che Dio l’éra andà dentre a la su Cà.

Per tant temp israeliti ièn sta ferme sòta al munt Sinai, ma dop chi al Tabernacle l’éra fni la neuvla la sé mòsa. Alura i pret iàn fat sunàr al tròmbi d’argent e teùta la pupulasiùn la s’è mèsa a far seù al tendi e a cargàr iasi e i camè

I pret ian quercià l’Arca cun na quertina e la traspurtèvne sul lur, mentre Dèo suvra la neuvla al gh’insignéva la véa da ciapàr.

Arivà vsin a Canaan Musè l’ha smandà a Dèo s’al pudiva mandar d’iespluratùr a vedre Cuma l’éra sta cità e chi a gh’è stéva dentre.

Lu al gh’ha rispòst:

“Manda dods’omi chi sapiene guardàr e arcuntàr quel chi vedne.

Sti dods’omi iàn girà daperteùt, in pianura insèma al muntàgn ièn arivà fin avsìn al mar. Iàn vést di bei giardìn pien ed fiùr, i prà pièn ed pegre, i camp pièn ed furmènt ialbre pien ed frùta al besie c’al févne i beòi (buio) insèma a ialbre e la mela clà culèva zò. Po’ ian vèst al cità circundadi da di mur altesme e ed iòmi grand imparivne gigant in cunfrunt a lur.

Arivà àtaca a un fòss dòva a chersiva na vida cui grap già madùr i n’an stacà eùn, ma l’era tant gròss chi l’an duvù ligàr insèma a na stanga e purtàl in deù.

Sti espluradùr ièn sta feòra 40 dè, po’ iàn cuntà de ste paès duva a scùriva làtt e mela, ma i dsivne cl’era difècle cunquistàl lur davani a chi gigànt là imparivne cavalèti.

Ièrne teucc avilì, ma Giosuè e Caleb i disne:

“Ièma vèst al paès al và benèsme si nuatre i cunfidèma int l’aieùt ed Nostre Sgnur i vinsèma qui chi stan là in gh’an mèa l’aièut ed Dèo, in duvèma mèa aver paeùra”.

St’ignurant d’Israeliti i vrivne ciapàr a sasadi sti deù curagiùs, ma la Gloria ed Dèo l’è gnuda feòra dal Tabernacle e lur iàn capì d’aver sbaglià natra volta.

“Ste genta l’am fa disperàr i ià farò murir teùcc”.

Alura Musè la pregà natra vòlta Dèo ed perdunaia

“Va ben in ià farò mèa murir, ma in vedràn mai Canaan a gh’andarà sutant i seò fièo, sul deù ed quisc i gh’andàran, Giosuè e Caleb”.

I fieò d’Israele ièn campà ancòra parècc ann in t’al desert e quand in truvevne mèa acqua i sparlèvne ed Musè e Aronne, alura Dèo la dètt a Musè parla a clà rocià là, ma leù e su fradèll ierne tant arabià chi l’an ciapada a bastunadi e le là butà na quantità d’acqua.

Dèo però l’ha parlà a Musè:

“I v’aiva dètt ed parlàgh. Ma vuatre i l’aì piciada, i m’aì fàtt arabiar vuatre deu in andarì mai dentre a Canaan i murirì in t’al desert.”

Musè a Li preghè ma Lu an l’à mea ascultà.

Po’ l’è arivà al temp chi Aronne al duviva murir, alura Musè e al fieòl pu grand i l’an acumpagnà insèma a cul munt che Dio al gh’aiva insignà d’andàr, po’ Musè al ghà cavà i vestì e a ià fat metre a su fieòl e Aronne l’è mort.

Po’ l’è arivà anch al temp chi Musè al duviva murir. I duvì saver che mentre l’era in t’al desert Musè l’aiva scrètt na meucia ed lébre. L’era ispirà da Dèo perciò l’aiva scrètt anch la storia ed préma chi lu al feòsa nà, Adam e l’Eva, Caino e Abele, Nuè, Abram, Isacc, Giacobbe e anch al bun Giuseppe.

Quand po’ Musè la aù fni da scrèvre l’hà ciamà teucc i pret e al gh’à cunsegnà teòt quel cl’aiva scrètt e al se rcmandèva chi n’in fesne cunt. Al saiva ca sré mort e la dmandà a Dèo ed far un ater càpp per la su genta. Dèo po’ l’aiva già scelt Giosuè. Alura Musè a li féva ciamàr e al ghe dsiva:

“Déo at farà purtàr la genta d’Israele a Canaan it dev èsre fort, perché it gh’arè da cumbattre, ma an aver mai paeùra perché Dèo l’è dàla tu parta”.

Po’ l’ha anch vreù parlar àla su genta:

“Me in andrò mèa in Canaan, perché iò ufès Déo. Ma Giosuè av ghè purtarà. Arcurdèv d’ubdir sempre a Déo e da vregh ben. Arcurdèv chi Lu al v’aieùtarà sempre”.

Déo po’ l’ha det a Musè:

“Và insema a cl’à muntagna là, in te fagh mèa andàr in Canaan ma i voi ch’it ved cul bel paes d’insema àla muntagna”.

Quand Musè a l’aè vèst, ste bel paes claiva sempre insunià, l’è mort “sul cumi un can” sensa ansun ca gh’è strichèsa iòc.

Elda Zannini