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Elda racconta: Antico Testamento

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Sono ancora qui con la mia Bibbia, ci troviamo ancora nel Levitico, con le sue leggi severissime contro i trasgressori della legge di Dio, cioè i comandamenti.

Disse Dio: “Il 15 del settimo mese, quando avrete raccolto i frutti della terra, celebrerete la festa del Signore in Suo onore e questo succederà ogni anno. Questa è una legge perenne di generazione in generazione e per tutto quel periodo dovrete dimorare nelle capanne”.

Chi bestemmia il nome di Dio, viene lapidato.

Se uno fa una lesione al prossimo, la stessa cosa venga fatta a lui, frattura per frattura, occhio per occhio e la famosa frase giunta fino a noi, dente per dente.

Chi uccide un capo di bestiame lo deve pagare, chi uccide un uomo, sarà messo a morte e c’era una sola legge sia per il forestiero che per l’abitante della città.

Per sei anni coltiverai la terra, ma il settimo la farai riposare

 (Io ricordo che in passato i contadini lasciavano riposare un campo per un anno e ogni volta era un pezzo di terra diverso forse era questa vecchia legge sopravvissuta nei secoli?)

Ogni cinquant’anni sarà proclamato un giubileo “l’Anno Santo”.

(Anche questa esisteva ancora almeno fino agli anni 50, così mi pare di ricordare da come ne parlavano in famiglia)

E così via tante leggi con tanti “comma” e com’è mio solito mi viene da ricordare l’anno 1959 quando venne rifatto il codice stradale e mio marito ha dovuto impararlo a memoria e di conseguenza anch’io, ogni legge era composta da più comma, primo, secondo, terzo ecc…

Come vedete ogni tanto dò una sbandata, comunque torno subito alla Bibbia. Nel capitolo 26 le leggi erano molte e severissime, come quella che dice:

“Non vi farete idoli né scolpirete immagini o stele o qualsiasi figura per prostrarvi davanti a loro, Io sono il vostro Dio.

Se osserverete i miei comandi e li metterete in pratica, vi manderò le piogge nella giusta stagione, la terra darà prodotti e gli alberi frutti, la trebbiatura durerà fino alla vendemmia e questa fino alla semina.

 Come vedete non è molto diverso dalla nostra agricoltura. Non voglio andare avanti con tutte queste proibizioni e con ciò che sta scritto in questo lungo racconto, che riassume di quando il popolo era ancora in cammino e c’erano ancora Mosè ed Aronne dal momento che vi ho già raccontato della loro morte, perciò vado avanti cercando di non fare troppa confusione cercando di spiegarvi il:

Deuteronomio

Parola greca che significa “seconda legge” nel senso che questo riprende con accenti nuovi e un’impostazione generale la legge dell’Esodo aggiungendo anche altri materiali.

Il libro si distacca sensibilmente dagli altri quattro, qui si raccolgono tre discorsi che Mosè fece prima di morire, dove ricorda al popolo gli avvenimenti passati che testimoniavano la predilezione di Dio per questo popolo da Lui scelto e protetto, che doveva accettare la legge non per timore, ma per amore verso l’Unico Dio.

Giosuè

Finalmente posso raccontarvi di Giosuè fedelissimo collaboratore di Mosè, il quale dopo la morte del grande condottiero, guidò effettivamente il popolo nella terra che Dio aveva promesso e poi ne organizzò la distribuzione fra le varie tribù di Israele.

Questa non è una storia completa svoltasi più o meno alla fine del 13° secolo avanti Cristo, ma solo episodi, frammenti ispirati, pensando che come fu promessa, anche la conquista della terra di Canaan fu opera di Dio che guidava Israele.

La terra conquistata è santa per le Divine Promesse e deve essere ripulita dal popolo eletto con l’eliminazione delle popolazioni idolatriche che la occupavano.

Dopo la morte di Mosè il Signore parlò a Giosuè.

“Mosè mio servo è morto, ora attraversa questo Giordano, tu e tutto questo popolo, andate verso questo paese che Io dò agli Israeliti, come avevo promesso a lui, dal deserto del Libano fino al grande fiume, l’Eufrate, poi tutto il paese degli Hittiti fino al mare Mediterraneo dove tramonta il sole: Tali saranno i vostri confini.

Nessuno potrà resistere a te, per tutti i giorni della tua vita come lo è stato per Mosè. Sii coraggioso e forte, Io non ti abbandonerò, dovrai essere forte per conquistare questa terra che Io ho promesso ai loro padri.

Non allontanarti e non deviare né a destra né a sinistra della legge prescritta da Mosè, non spaventarti mai, perché è con te il Signore Dio tuo”.

Allora Giosuè diede ordine di radunare tutte le provviste che dopo tre giorni avrebbero attraversato il Giordano. 

Intanto mandò due spie ad osservare da vicino il territorio e la città di Gerico. I due uomini si fermarono nella prima casa più vicina alla porta della città, per essere sicuri di poter scappare se era necessario. Passarono la notte in questa casa che apparteneva a una prostituta una donna chiamata Raab. 

Ma le contro spie riferirono subito tutto questo al re della città, che mandò subito un gruppo di soldati a ordinare a Raab di consegnarglieli. Figuratevi se lei astuta com’era ci cascava, aveva nascosto i due Israeliani sul terrazzo che faceva da tetto e li aveva ricoperti con gli sterpi di lino che stavano seccando al sole, perciò tranquillamente rispose ai soldati:

“Si veramente sono venuti da me due uomini, ma prima che si chiudessero le porte della città sono usciti, se li inseguite forse riuscite a prenderli”.

Appena uscito dalla città il drappello di soldati, lei salì sul terrazzo e parlò alle due spie:

“Sappiamo che il vostro Signore vi ha assegnato questo paese e tutti gli abitanti ne sono spaventati, perché hanno saputo tutte le cose che Dio ha fatto per voi. Ora però dovete giurarmi che non farete alcun male a me e chi si troverà in questa casa quando tornerete”. 

E loro giurarono, poi lei prese una lunga corda rossa la legò vicino a una finestra che si trovava sulle mura esterne della città e fece scendere uno alla volta le due spie e questi dissero:

“Lascia questa corda fuori così riconosceremo la tua casa e non ti sarà fatto alcun male”.

Poi le due spie riferirono a Giosuè, ciò che avevano visto e udito

Il popolo di quella città era terrorizzato, già sapeva che un nugolo di Israeliani stava marciando verso di loro.  Elda Zannini

Ed ora in dialetto

I sun ancòra che cun la bibbia e cul mi dialétt. Iv dev cuntàr ancòra un po’ dal Levitico e al seò legg severi cuntra chi an rispéteva méa Nostre Sgnur. E i seò cmandament.

Déo l’aiva dètt: “al 15 dal settme mes quand iarì fni ed cheòire teutt, i farì la festa ed Vostre Sgnur pr’unuràl, e sta festa la dev deùràr sett de’ e i duvrì star in tal voster tend, questa lè na lègg clà ghe rmagnrà per sempre.

Chi a smadòna al nom ed Dèo agnirà ciapà a sasadi fin ca ne srà mort.

Se un al fa na frida a un atre la stesa cosa l’agnirà fàta a leù, rutura per rutura, occ pr’occ e dent per dent st’utme détt po’ lè arivà fi da nuatre.

Chi a màsa na bestia a la dev pagàr ma chi l’amàsa un om al dev murir anca leù, sta legg po’ la valiva anch pri furastèr.

Per se ann it cultiv la tèra ma al setme i tla làs arpunsàr.

Ogni 50 ann as pruclamèrà al giubileo “l’Ann Sant”.

Acsè vèa, tanti legg cun tanc comma prèm, second, terse cc..

Al capétle 26 po’ l’è severésme e a ghè tanti legg cuma quela cla dis:

“In ve farì mai nè idoli nè i sculpirì immagini u munument u qualsiasi figura pr’adurala arcurdèv chi Me i Sun al Voster Dèo.

Se iuservarì i me cmandament, me iv mandarò l’acqua in tla stagiun gieòsta e la tèra l’av darà da mangiàr e ialbre i daràn la fruta i cuminciarì a battre al furment e i la durarì fin ch’incuminciarì a vedmàr e questa fin a quand i rturnarì a semnar.

In veoi mèa andàr ancòra avanti cun teuti ste pruibisiùn e po’ as cunténua a parlar ed Musè e Aronne chi me i iò già fàt murir.

Adesa i preòv a parlar eùn po’ dal

Deuteronomio

Questa po’ l’è nà parola greca ca veol sul dir, la seconda lègg. Che as cunta in mode un po’ peù muderne stel legg ed l’Esodo po’ i gh’an anch atàcà ed l’atra roba.

Ste lébbre l’è ùn po’ divers da ch’iatre quattre, che po, i gh’an arcatà anch tri discurs ed Musè cl’aiva fatt àla su genta prèma ed murir, dòva arcunta teùcc iepisodi dal pasà e la testimuniansa ed la predilesiun ed Déo pra ste genta chi Lu l’aiva scelt e prutètt e clà duviva acetàr al Seù legg sul pr’amur, mèa per paeura vers l’Eùniche Déo.

Giosuè

Finalment i poss cuntav ed Giosuè chi per tant temp l’aiva aieutà Musè, le sta propi léu dop la morta da ste grand cundutèr a guidàr teuta sta genta in clà tèra che Déo al gh’aiva pruméss. E àla fin a l’ha anch divisa fra teùtti al tribeù d’Israèl.

Sta storia la n’è mèa cumpleta la s’è svolta vers la fin dal 13° secle prèma ca nasesa Crest. Igh truvèma sultant un qualch racunt, peò chi atre per far capir chl’éra sta Déo a guidàr la genta d’Israele

La tèra chi qunquistaràn la duvrà essre arpulida da teùta ste genta cl’adureva ed iodoli ch’in valivne gnent.

Dop la morta ed Musè Déo l’ha parlà a Giosué:

“Musè c’al m’à servì tant, l’è mort, adesa at tòca a te d’atraversar ste fieùm cun teùta sta genta. Iandarì vers ste paes chi me iò regalà a teùcc Israeliti cuma iaiva prumèss a leù, dal desert dal Libano fin al gran fieùm l’Eufrate, po’ teùtt al paes ed Hittiti fin al mar Mediterraneo dòva a và zò al sul. I cunfìn i sràn qui lè.

Ansun at resistarà per teùcc i dè ed la tu véta cuma l’è sta anch per Musè. It dev essre curagiùs e fòrt arcorte sempre chi me in te lasarò mai, it dév qunquistar la tèra chiò pruméss ai padri.

Guarda ben d’an ciapàr mèa da na parta u da cl’atra ed la legg scrèta da Musè, an aver mai paeùra perché me i sun sempre atàca a te.

Alura Giosuè l’ha fàtt savèr a teucc chi duvivne rcatàr seò al seò cosi dop a tri dè iarèn pasà al Giordano.

Intant l’aiva mandà du spéi a guardar da vsin la cità ed Gerico.

Al spéi aglian pasà la nòta in cà d’eùna ed càl dunlini famusi cl’as ciameva Raab, quest chè però, acagl’iatre spei ca glierne dal re da ste cità, alglièn andadi seùbèt a cuntagla, alura leù l’ha mandà un drapèl ed suldà da ste Raab. Figuremse se lé acsè furbina l’agh caschèva, l’aiva scus i deù israelian insèma àla terasa ed la cà, po’ la iaiva quercià cun dal fèn ed lin chl’era lè a sugàr, po l’è andada a rispondre ai suldà dal re:

“Sè, sè, verament ièn sta che deù omi, ma po’ prema chi la porta ed la cità la se strichèsa ièn andà véa, ma si ve sgagè i fe in temp a ciapaia”.

Sti suldà i s’en mess a caminàr per ciapaià, alura le, lè andada insema alla teràsa e la parlà achsè:

“I so che al Sgnur al và dà al paes e che teùta la genta l’è impaurida, perché iàn saù teùt quel che al vostre Dèo l’ha fàt per vuatre, adesa però i duvì giuràm chi quand iarivè in fari gnent ed mal a me e àla mi famèa”.

Lur iàn giurà, alura le, l’ha ligà na corda ròssa atàca a na fnestra clà deva ed feòra di mur e l’ha fat calàr al deù spei ded là. Alura lur al gh’an det ed lasàr clà còrda lè àla fnestra pr’arcgnòsre la cà achsè an gh’arè fat gnent ansun.

Po ste spèi a gl’ian riferì a Giosuè quel cal iaivne vest e ascultà e che teùta la pupulasiun ed la cità l’era terurisada da ste neùmre enorme ed genta cl’era dre arivar.        

Elda Zannini