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“Il vostro è uno schiaffo alla democrazia”

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Luigi Fiocchi, sindaco di Villa Minozzo

VILLA MINOZZO, 3 aprile 2012 - “Adesso basta. E’ giunto il momento di portare a conoscenza dell’opinione pubblica il modo grave e arrogante con cui in Appennino si pretende di decidere gli assetti futuri delle Unioni dei Comuni e dei servizi, che esclude di fatto chi non è espressione della maggioranza che governa nella quasi totalità del territorio e che orbita attorno al Partito democratico”.

Il sindaco Luigi Fiocchi denuncia così “lo scarso rispetto istituzionale di coloro - sottolinea il primo cittadino - che intendono delineare con ‘incontri riservati’ gli scenari futuri delle gestioni associate dei Comuni in montagna senza coinvolgere minimamente le amministrazioni non ‘appartenenti’ a una certa parte politica. Questo è uno schiaffo alla democrazia e una mancanza di rispetto nei confronti della nostra gente e dei montanari in generale”.

Fiocchi rileva poi come la “fattiva collaborazione con il Comune di Toano, con cui si prosegue il percorso per la gestione associata dei servizi” dimostri invece che “fortunatamente non tutti nel partito di maggioranza pensino che il riordino amministrativo del comprensorio montano sia ‘cosa propria’. Da parte nostra ci attiveremo per riportare la discussione sui tavoli deputati e ci auguriamo che anche altri lo pretendano”.

Continua il sindaco: “Ancor più sorprendente è la notizia che alcuni incontri di stampo prettamente politico siano avvenuti e proseguano anche con enti superiori, magari da parte di persone estranee all’amministrazione dei territori interessati. Sulla necessità di un rispetto delle regole abbiamo già richiamato la Regione, la Provincia e la Comunità montana, cui abbiamo espresso indignazione e preoccupazione per come fino ad ora sono stati gestiti questi rapporti”.

Sulla collaborazione con Toano, Luigi Fiocchi rileva infine: “Dopo l’avvio di quelle relative ai servizi sociali e alla polizia municipale, nei prossimi giorni approveremo, nei rispettivi consigli comunali, la gestione associata dei lavori pubblici e le convenzioni per la gestione dei servizi personale e anagrafe. In poco tempo le due amministrazioni hanno raggiunto risultati importanti, senza pregiudiziali politiche ma in un rapporto stretto e trasparente con la popolazione”.

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Aggiornamento ore 23,50

Anche se comprendiamo il suo sfogo, il sindaco Fiocchi non deve stupirsi più di tanto, vista l’inveterata tendenza di questa sinistra a non uscire allo scoperto, un “vizio” che le sta capitando sempre più spesso, probabilmente per nascondere le proprie contraddizioni e per lasciarsi aperta in ogni momento una eventuale “retromarcia”.

Del resto, per restare in argomento - e come noi abbiamo ricordato in alcune nostre riflessioni apparse su questo sito all’inizio dello scorso mese di luglio - le forze di maggioranza che stanno governando la Comunità montana non vollero mai portare in Consiglio il tema del riordino dell’Ente, anche quando stava prendendo vita la nuova norma regionale in materia (che avrebbe cambiato il volto della Comunità montana).

Questo avveniva qualche anno fa e sarebbe stata un’eccellente occasione per confrontare i rispettivi punti di vista, anche in ordine alle unioni dei comuni, ma non se ne fece nulla nonostante le ripetute richieste dell’allora minoranza consiliare. Solo dai giornali si veniva talvolta a sapere, o si percepiva, l’opinione personale di qualche esponente del Pd, e niente di più.

Agendo in questo modo si indeboliscono ancora di più le nostre già fragili istituzioni locali, che dovrebbero essere il luogo primariamente deputato a trattare i problemi di questa natura, visto che chi ne fa parte è stato eletto dai cittadini e si trova dunque a rappresentarli; altri tavoli di discussione non sono ovviamente vietati, ma non possono sostituirsi agli organi consiliari.

Qui appare tutta l’incoerenza del Pd, che aveva a suo tempo sostenuto l’elezione diretta dei Sindaci, salvo poi non tenerla in alcun conto, ovvero aggirarla, ogniqualvolta può tornargli comodo, come pare per l’appunto avvenire nel caso in questione.

(Robertino Ugolotti, direzione Udc)

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1 COMMENT

  1. Con legge n. 265 del 1999, viene avviato un processo inarrestabile di associazionismo, che vede nell’Unione di comuni la sua forma più riuscita. Gli elementi che segnano la svolta sono sostanzialmente due: uno riguarda le dimensioni dei comuni associati, abrogando il divieto di aderire a forme associative per comuni con popolazione superiore a 5000 abitanti e l’altro riguarda la durata delle gestioni associate, eliminando l’obbligo di fusione per i comuni associati in Unione.
    Un’altra peculiarità introdotta dalla legge 265 è quella che trasforma la natura delle unioni da ente a tempo determinato (circa un decennio) a ente privo di durata definitiva. Da queste caratteristiche nasce, quindi, un ente che incorpora autonomia normativa, organizzativa e finanziaria, che assume il suo connotato definitivo con il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, denominato “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali” o abbreviatamente TUEL.
    Se all’inizio l’Unione dei comuni doveva essere il naturale passaggio verso la fusione, si è passati irrimediabilmente alla creazione di un ente di secondo grado che si impone con forza affiancandosi ai già esistenti organi di amministrazione territoriale come comuni, province, regioni, comunità montane, parchi, ecc…
    Inizialmente la scelta di organizzarsi in unioni di comuni aveva come scopo principale l’ottimizzazione delle risorse esistenti, finalizzata a offrire servizi ai cittadini migliori, competenze più adeguate e maggiormente rispondenti alle richieste della popolazione e l’implementazione in ogni ambito di un principio di semplificazione e non di burocratizzazione.
    I finanziamenti iniziali (dal 2000 in avanti) dovevano fungere da incentivo per l’accorpamento che, nella fase successiva, avrebbe portato alla fusione degli enti in gioco, con relativi tagli e conseguentemente minor costi per lo Stato.
    Con l’eliminazione dell’obbligo di fusione è venuto a mancare il presupposto iniziale per l’esistenza delle Unioni di comuni che si sono trasformate in enti perenni in cui presidente, assessori e consiglieri non sono direttamente eletti dal popolo e quindi non eletti seguendo i principi dettati dall’art. 1 della Costituzione.
    I finanziamenti alle Unioni, prima o poi finiranno e allora a noi cittadini cosa rimarrà?

    (Isabella Vaccari)