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Racconti d’Appennino 14 / Riscoperta

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Una strada di sole curve, faticosa da percorrere. La Pietra di Bismantova, come un enorme iceberg nero, mi guida verso casa a tarda notte. Al mio fianco sempre Loli. Stiamo in silenzio, non parliamo. Ognuna segue i propri pensieri, le proprie emozioni. Quel poco che riesco a vedere in una notte decisamente buia ha i contorni liquefatti da lacrime che sgorgano dagli occhi al solo ripensarci. Siamo nell'eco di un concerto speciale, commuovente intitolato "Cantavamo, cantiamo, canteremo - Canti per l"uguaglianza" che Moni Ovadia ha tenuto con Lucilla Galeazzi, Paolo Rocca, Fiore Benigni e Fabrizio Cardosa a Carpineti di Reggio Emilia, due sere fa. Arriviamo all'ultimo momento, un po' trafelate. Solo il tempo di farci una risata per aver notato, passando di corsa, un insolito, piccolo zoo nel parco Matilde fatto di tre soli rapaci e un cammello.... Bizzarie emiliane.

Poi entriamo nell'auditorio dove Kiflé e Piera ci tengono occupate le sedie con riviste di Emergency. Ci sorridono e scuotono le mani in segno di saluto. Il tempo di volare ai nostri posti e la musica comincia. Già la prima canzone ci trasporta in un mondo di dolore, di fatica, di lavoro. É in napoletano, é scritta dagli operai di una fabbrica e parla di un incendio devastante scoppiato durante uno dei tanti massacranti turni di lavoro imposto ai lavoratori e di compagni morti, vite spezzate. Il testo é forte, tragico, toccante e la voce di Lucilla talmente bella ed espressiva da far venire i brividi da tutte le parti qualcosa che arriva direttamente al cuore, all'anima decisamente in grado di risvegliare passioni sopite. Le canzoni sono tante di varie epoche e provenienze. Parlano dei campesinos del Messico, dei braccianti statunitensi narrati nelle ballatedi Woody Gutrie, dei tessitori inglesi, poi dei lavoratori di Spagna, di Polonia, del tributo di sangue versato dagli anarchici che han fatto la storia... tutte parlano di lotta di classe, di battaglie civili e di conquiste sociali.

É qualcosa che fa male ma che allo stesso tempo fa bene ricordare, perché é storia comune, storia di emancipazione, storia di lotta tragicamente attuale. Una memoria collettiva rimossa nei tanti anni di false illusioni, di facile denaro, di politiche fallimentari e indecorose che hanno distrutto un patrimonio culturale derivante proprio dalla dignità del lavoro conquistata nel tempo. Che é la nostra radice, il nostro sostegno. Poi si arriva ad una canzone, una riscoperta vera per me. Parlo di "Bella Ciao" ascoltata "veramente" come fosse la prima volta nella versione integrale. L'esecuzione é preceduta da un brano musicale di origine ebraica a cui la melodia della canzone si ispira. É ben interpretata dai (bravissimi) musicisti del gruppo. Moni racconta che questa canzone é oramai un simbolo di lotta a livello internazionale. É stata cantata recentemente anche dai ribelli di Spagna e a New York dal movimento "Occupy Wall Street". Non l'avevo davvero mai sentita cosí, in una versione (a dir poco) struggente, lenta, lenta accompagnata dalla chitarra e cantata magistralmente da Lucilla che mi ricorda la Joan Baez di Woodstock ... Pathos da "Fragole e sangue"... La sua appassionata versione fa rivivere in pieno il dolore e la fatica delle mondine, perché é di questo che parla la prima strofa. E sembra di vederle quelle donne, chine nel campo, schiene spezzate e gambe nell'acqua per ore, tenute alla gogna da un padrone armato di bastone che batte con violenza il ritmo di lavoro.... La sala é muta e la partecipazione del pubblico si fa vibrante di un commosso silenzio. É un nervo che si scopre, un dolore che si rinnova in una terra che ha sudato e faticato davvero in quei campi di riso. .. Loli e io ci guardiamo per un istante e basta questo per farci scoppiare in lacrime...

É un pianto vero che stenta a placarsi e che ci lascia emozionate a lungo, che non smette e che ricomincia sulla strada di casa...

(Paola Savi)

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